1 Febbraio 2018 7 commenti

The Alienist: tipo Mindhunter un secolo prima di Diego Castelli

Con The Alienist, TNT punta a raccontare le origini della psicologia criminale, fra corpi mutilati e poliziotti corrotti

Copertina, Pilot

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“Alienista” è di fatto sinonimo di psichiatra, di studioso e medico delle malattie mentali. Un termine che oggi sentiamo meno di una tempo, specie nel parlato comune, perché si porta dietro un sapore di disprezzo e mostruosità. Cioè, non avrei problemi a dire a qualcuno che vado dal podologo, mentre dicendo che vado dall’alienista rischio di attirarmi addosso qualche occhiata sospettosa.
Come possiamo immaginare, però, il termine alienista era assai più in voga alla fine del Diciannovesimo Secolo, quando la psicologia e la psichiatria erano scienze molto giovani, e le persone affette da patologie psichiatriche erano trattate come pazzi, freak, fenomeni da baraccone da tenere rinchiusi in manicomi bui e lontani dalla gente “normale”.

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In questo contesto, in una New York scura e violenta, è ambientato The Alienist, nuova serie di TNT che vede tra i produttori anche Cary Fukunaga, mitico regista della prima stagione di True Detective. Impreziosita da un cast di primissimo livello (Daniel Brühl, Dakota Fanning, Luke Evans), la serie tratta dall’omonimo romanzo di Caleb Carr racconta per l’appunto dell’alienista Laszlo Kreizler (Brühl), che unendo le nuove scienze psichiatriche a un po’ di investigazione forense e di buon vecchio lavoro da detective, cerca di aiutare la polizia a catturare un pericoloso serial killer che ha cominciato ad ammazzare giovani ragazzi adescati nel giro della prostituzione.
Kreizler si fa aiutare dall’amico illustratore John Moore (Evans), che gli fornisce immagini quanto più possibilmente dettagliate dei corpi delle vittime, e Sara Howard, una brava e intensa Dakota Fanning nei panni di una segretaria che lavora come unica donna alla stazione di polizia e sogna di diventare detective a dispetto del mondo iper-maschile e maschilista in cui si trova a vivere.

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Come si sarà capito, The Alienist è una serie divertente, fresca, leggera e piena di ironia che…
No, ovviamente no, anzi.
The Alienist è un concentrato di oscurità, un incubo a occhi aperti che nel raccontare la nascita di un certo tipo di criminologia dipinge un mondo in preda al caos, dove il Male può regnare indisturbato perché gli uomini desiderosi di combatterlo sono pochi e privi degli strumenti adatti, che non sono ancora stati nemmeno creati.
In questo contesto plumbeo, fumoso e riempito di corpi mutilati e dilaniati, la figura di Kreizler è però lontana da quella dell’eroe senza macchia che porta la luce nell’oscurità. Al contrario, il medico protagonista è un uomo che sa di doversi immergere in quell’oscurità per poterla meglio comprendere, come unico mezzo per combatterla ad armi pari. Un obiettivo, unito a una certa ambizione scientifica verso il progresso, che porta Kreizler a bramare il sacrificio, l’immolazione nella malvagità come passaggio necessario alla sua eliminazione: si arriva così a passaggi molto forti in cui l’uomo, metaforicamente, esprime la necessità di diventare lui stesso un assassino e mutilatore, al solo scopo di comprendere cosa si prova per poter impedire nuove morti.

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Nel titolo si fa riferimento a Mindhunter. Sì perché quando guardavamo la serie di Netflix ci veniva venduta come “l’inizio della psicologia criminale”, mentre ora TNT alza la mano e dice “aspetta, aspetta, è venuto prima il nostro Kreizler”. Al di là dello spessore tecnico e culturale, per cui ci sembra che Mindhunter rimanga diverse spanne sopra, The Alienist è però molto diversa soprattutto nel tono, perché non lascia ambiguità nella rappresentazione di una New York sostanzialmente allo sbando, non solo per la presenza di un killer misterioso e spietato, ma anche per la difficoltà nel trovare poliziotti capaci e funzionari onesti.
Kreizler e i suoi due strani aiutanti (uno psicologo, un illustratore e una segretaria sembra l’inizio di una barzelletta) devono quindi far fronte non solo alle difficoltà intrinseche del caso, ma anche a un mondo che sembra fatto apposta per andare al macero, e che quindi ha bisogno di notevoli sforzi per essere raddrizzato.

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Questo è sicuramente il maggior pregio di The Alienist, che si presenta con una confezione di primordine, dalle ricche scenografie alla fotografia ricercata, passando per il cast.
Un po’ più confusa la sceneggiatura, per la netta impressione di una gran quantità di carne al fuoco, non tutta gestita con ordine. The Alienist vuole essere una specie di prequel di Criminal Minds o Mindhunter, ma c’è anche tanta CSI, un po’ di Sherlock Holmes e di Hannibal, e tanti altri riferimenti che sulla carta potrebbero produrre la combo migliore della storia, mentre nella realtà dei fatti costruiscono un pilot sicuramente intrigante e fascinoso, ma anche un po’ caotico e ridondante. Come se gli autori, trovatisi più volte di fronte al dilemma “esageriamo e andiamo misurati”, avessero propeso ogni volta per spingere sull’acceleratore.

Per ora dubito che The Alienist possa diventare una serie imprescindibile, proprio perché sembra un mischione + esagerazione di altri spunti, piuttosto che la creatrice di una strada sua personale e subito riconoscibile. Ma se trovasse un suo equilibrio meno urlato e ansioso (come sembra dal secondo episodio, meno sperimentale e più concreto) potrebbe comunque diventare una serie solida, che poi è da sempre il destino di tante produzioni di TNT, spesso belle ma quasi mai in modo assurdo, (cit.)

Perché seguire The Alienist: per l’atmosfera cupa e affascinante e per un cast di primo livello.
Perché mollare The Alienist: sembra voglia essere il prequel di tutto il crime esistente, ma fatica a trovare una strada che sia realmente sua.

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