30 Agosto 2018 10 commenti

Insatiable – Storia breve di una serie sbagliata di Francesca Mottola

Qualche settimana fa è arrivata su Netflix la tanto discussa Insatiable, e non è una buona notizia

Copertina, Pilot

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QUALCHE SPOILER, MA POCHI, E SOLO SUL PRIMO EPISODIO 

Sarebbe stato bello poter fare l’avvocato del diavolo per Insatiable, la nuova serie prodotta da Netflix, approdata lo scorso 10 agosto sulla piattaforma nonostante le oltre duecentomila firme raccolte dalla petizione che ne chiedevano la cancellazione dopo la diffusione del teaser. Sarebbe stato bello andare contro il coro unanime di critiche feroci, ma la verità è che dopo aver guardato l’episodio pilota è impossibile non arrivare alla conclusione che Insatiable – a prescindere dalle accuse di fat shaming che hanno animato la petizione – è semplicemente una brutta serie, da qualunque punto si provi a guardarla.

La protagonista della serie è Patty Bladell (Debby Ryan, ex star della Disney), un’adolescente sovrappeso e vittima di bullismo da parte dei suoi compagni del liceo. All’ennesima presa in giro, questa volta da parte di un senzatetto, Patty reagisce violentemente, ma finisce per trovarsi con una mascella rotta, costretta a seguire una dieta liquida che la porta a perdere oltre trenta chili in pochi mesi. A difenderla dall’accusa di aggressione mossa dall’homeless è il legale Robert “Bob” Armstrong Junior (Dallas Roberts), che trascorre il suo tempo libero facendo da coach a giovani aspiranti reginette di bellezza. Bob intravede in Patty una possibilità di riscatto dopo essere stato accusato ingiustamente di molestie sessuali e convince Patty a intraprendere il percorso che potrebbe portarla a diventare la nuova Miss America, ignaro del suo desiderio di vendicarsi di chi l’ha sempre derisa.

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Probabilmente l’intento della creatrice dello show Laura Gussis, che ha alle spalle titoli come Dexter e Once Upon A Time, era di creare una serie capace di parlare a un pubblico anche molto giovane – lo stesso di Tredici e dei vari teen drama usciti su Netflix recentemente, per intenderci – di temi urgenti e delicati come il rapporto con il proprio corpo, i disturbi alimentari e l’identità sessuale, attraverso un linguaggio leggero e originale. Il risultato però è grottesco: i canonici quarantacinque minuti dell’episodio pilota sembrano enormemente dilatati nonostante vengano presentati fin troppi elementi. Gli eventi si susseguono senza che nulla venga mai approfondito, le situazioni sono al limite del trash – anche visivamente, dati i colori saturi e la predominanza del rosa shocking – e mai, nemmeno una volta, lo spettatore è portato a provare empatia per Patty, il cui racconto in voice over risulta semplicemente insopportabile. Insatiable dimostra fin dalla prima puntata una superficialità agghiacciante nell’affrontare qualsiasi tematica e, nonostante il chiaro tentativo di fare leva su uno humour nero e pungente, non si ride mai, anzi il cattivo gusto si spreca con battute come “È un pedofilo, allora potrei avere una chance con lui” o “Essere magri è magico” (titolo del secondo episodio).

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Lauren Gussis ha raccontato in un’intervista che Insatiable è in parte un racconto autobiografico. Da questo è facile immaginare quanto il risultato sia lontano dall’idea e dagli intenti originari: Insatiable aveva certamente un potenziale, ma il risultato non sembra capare di denunciare nulla, né di offrire qualcosa di nuovo, rimanendo invece confinato in situazioni stereotipate e in un linguaggio che vuole essere a tutti i costi politicamente scorretto e invece risulta offensivo e sgradevole in maniera gratuita.

Perché guardarlo: per farsi un’opinione su uno show che ha fatto molto discutere sia in Italia che oltreoceano

Perché mollarlo: perché dietro la facciata di colori sgargianti non c’è assolutamente nulla, se non battute di pessimo gusto e una superficialità fastidiosa nel trattare temi importanti

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