28 Gennaio 2021

Fate – The Winx Saga: su Netflix le fatine in carne e ossa (e noia) di Diego Castelli

Con Fate – The Winx Saga i noti cartoni animati di Iginio Straffi diventano una serie live action che si trasforma in puro teen drama fantasy

Pilot

Più passano gli anni, e meno sono e sarò capace di valutare come si deve i teen drama.
Non è solo una questione di “non essere più un teenager”, che comunque ha il suo peso. È un problema legato al fatto che di teen drama ne ho visti ormai a decine e, ogni volta che ne salta fuori uno nuovo, tendo a notare gli elementi di ripetitività del genere, non riuscendo a immedesimarmi pienamente nello sguardo di uno spettatore o spettatrice che si avvicini a quel mondo per la prima volta o quasi.
Per dirla in altro modo, continuo a essere in grado di valutare i teen drama per chi, come me, ne ha visti un sacco, ma non so quanto io sia una voce particolarmente degna di fiducia per una ragazza o ragazzo adolescente.
Tutto sto preambolo solo per mettere le mani avanti prima di dire che Fate – The Winx Saga, nuova serie Netflix tratta dal mondo delle Winx, famosissime fate a cartoni animati inventate dall’italiano Iginio Straffi, mi è parsa una discreta poracciata.

Non stiamo a perdere troppo tempo nel dirci chi sono le Winx: sono delle fate adolescenti che frequentano un’importante scuola di magia, e insieme combattono i cattivi, vivono storie d’amore e problemi tipici della loro età, e strizzano pure l’occhio al mondo della moda, presentandosi (nel lontano 2004) come ragazze super fashion (ma si potrà dire “super fashion” mantenendo la dignità? Boh vabbè, avete capito cosa intendo).
Una cosa interessante, riguardo alle Winx, è sempre stato il loro carattere industriale: con lodevole sincerità, Iginio Straffi (fondatore della casa di produzione Rainbow che firma lo show) ha sempre dichiarato che il progetto delle fatine a cartoni animati non è frutto di una particolare botta di genio creativa, bensì il prodotto di un preciso studio di marketing con il quale Rainbow ha capito quali fossero le principali direttrici dell’intrattenimento per ragazzi di quegli anni, decidendo di cavalcarlo. Risultato: un successo mondiale tutto italiano, andato ben oltre la sola sfera dell’animazione televisiva (fumetti, libri, giocattoli e via dicendo) per il quale bisogna essere orgogliosi senza se e senza ma.
Detto questo, non ho mai visto una sola puntata di Winx Club in vita mia, quindi posso parlarne ben poco. Giova comunque tenere a mente che è un cartone proprio per bambine (è importante per quello che diremo fra poco), che al netto della sua anima molto commerciale, nel senso più nobile e legittimo del termine, si occupa poi di trasmettere valori molto classici per i cartoni animati occidentali e non solo: amicizia, onestà, fiducia in se stessi. Cosa che comunque non ha tenuto al riparo il brand da alcune critiche, su tutte quella di una rappresentazione eccessivamente adulta delle maghette protagoniste (troppo magre, troppo sensuali ecc) per il pubblico di riferimento.

Con l’approdo al live action, Winx Club diventa Fate – The Winx Saga, una serie di Netflix creata da Brian Young e girata interamente in Inghilterra senza quasi alcuna firma italiana, in cui vengono riproposti a grandi linee gli stessi personaggi e ambientazioni del cartone, virando però al teen drama puro, che quindi non si rivolge più alle bambine, ma a un pubblico un po’ più adulto. Giusto per fare paragoni, siamo dalle parti di The Vampire Diaries.
La storia è quella di Bloom (Abigail Cowen), una fata cresciuta da genitori umani che finisce nella scuola di magia poche settimane dopo aver scoperto i suoi poteri. Qui incontra nuove amiche, possibili nemiche, potenziali interessi amorosi, e si trova invischiata in certi intrighi e segreti che minacciano l’esistenza stessa della scuola e di tutto l’Oltremondo fatato.
I motivi per cui Fate non vuole essere una serie per bambini sono evidente fin dai primi minuti, e forse, giusto per anticipare un giudizio, sono anche troppo evidenti. Parolacce, riferimenti piuttosto espliciti al sesso (attenzione, anche al sesso anale, dove finiremo signora mia?), l’inserimento di temi più tipici all’adolescenza come il bullismo, la grassofobia, le discriminazioni sulla base dell’aspetto e delle preferenze sessuali, sono tutti elementi che puntano non solo ad alzare il target di riferimento, ma anche a suonare un po’ provocatori. Ecco, in questo ultimo caso diciamo che più che altro fanno sorridere, proprio perché la loro esplicitazione così palese può far ghignare sotto i baffi giusto chi ha tredici o quattordici anni.

Più in generale, e qui torno alla mia difficoltà iniziale con i nuovi teen drama, a me sembra tutto mortalmente già visto. Che Bloom – la nuova arrivata molto ingenua ma piena di magia – sia il perno centrale attorno a cui devono girare tutti gli altri, che sia per amarla, odiarla, supportarla, vezzeggiarla o punirla, è uno schema che ormai ci esce dagli occhi, e che Fate non fa nulla per rendere più moderno, sfumato o digeribile. Soprattutto, non fa niente per rendere Bloom simpatica, e infatti non lo è più di tanto.
I tentativi di rendere la serie più inclusiva (peraltro c’è una polemica contraria, perché Flora, che nei cartoni era nera, o forse latina, nella serie live action diventa Terra ed è proprio bianca) sembrano figli di una certa pressione mediatica, più che di un tentativo di affrontare in modo organico e narrativamente pregnante problemi e questioni della contemporaneità.
In termini di pura azione e avventura, Fate mette in campo effetti speciali dignitosi (e qui gioiamo per il fatto che la produzione è effettivamente inglese e non italiana) e qualche momento horror abbastanza riuscito, ma per il resto, anche qui, niente di nuovo sotto il sole. Anzi, se guardiamo alla messa in scena più generale, non si riesce proprio ad andare oltre un compitino molto abbozzato: a mancare non è solo il ritmo dell’azione, ma anche una ricerca stilistica che ci permetta di vedere la scuola, le protagoniste, il loro modo di vestire e di muoversi, il loro modo di parlare, come qualcosa che vada un po’ oltre il semplice “giovani con i poteri”. In termini visivi è tutto molto banale, molto “seduto”: dialoghi ripresi in modo convenzionalissimo, incantesimi raccontati come da sempre si raccontano gli incantesimi in tv, e per finire un casting in cui sono tutti bellissimi e fighissimi, tranne quei pochi che devono portare sulle spalle il peso dell’inclusività e del bullismo (come la succitata Terra, che non è più nera però in compenso è diventata non-magra, così da poter mostrare quanto è forte nel superare gli insulti).
E se guardiamo alla sceneggiatura, non solo gli snodi della trama sono assolutamente ordinari, ma anche nel concreto dei singoli dialoghi non c’è mai un’idea che faccia drizzare le antenne, a parte la succitata morbosità per un po’ di dirty talk che sì, non è magari usualissimo per un teen drama (specie uno tratto da un cartone per bambine), ma allo stesso tempo non mi pare così dirompente.
Una cosa gliela abbuono: sono abbastanza capaci di scrivere i cliffhanger, visto che alla fine di ogni episodio, malgrado la pochezza di quanto visto fino a quel momento, un minimo interesse per vedere cosa succede nella puntata successiva ti rimane.

In due parole: troppo poco. Fate – The Winx Saga non è un prodotto indegno, e non escludo che a un pubblico molto giovane possa piacere più che a me. Ma mi pare fuori di dubbio che, nel magico mondo dei teen drama, non aggiunga veramente nulla, in nessun ambito, a ciò che abbiamo già visto mille volte. A parte sta passione per il sesso anale delle fate che getta una luce tutta nuova su Trilli Campanellino, la Fata Turchina, e Flora-Fauna-Serenella.
Il che è un peccato, perché le Winx (quelle a cartoni) erano riuscite a portare qualcosa di minimamente nuovo, pur nel loro essere volutamente sul pezzo di dinamiche già esistenti, e pur considerando che parte di quel “nuovo” ha generato anche qualche controversia. Ma Fate non mi pare nemmeno capace di creare controversie, sta solo lì nel catalogo di Netflix, buona giusto per chi non si perde nemmeno un esponente del genere.

Perché seguire Fate – The Winx Saga: se vi piacciono i teen drama magici, questo è un teen drama magico.
Perché mollare Fate – The Winx Saga: onestamente non è sto gran teen drama magico.



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