2 Settembre 2022

Skam Italia 5 – Come se non fossimo mai andati via di Diego Castelli

A distanza di due anni, Skam Italia torna con una storia inaspettata, ma con senza perdere nemmeno un briciolo della sua identità

On Air

Diciamoci la verità: c’erano dei motivi per essere preoccupati.
La quarta stagione di Skam Italia risaliva a due anni fa, in mezzo c’è passato il mondo, il finale di quel ciclo di episodi aveva un sapore tanto bello quando “definitivo”, e le notizie più recenti sulla quinta stagione introducevano un tema insieme delicato e molto inusuale, capace di suscitare pure qualche facile ironia internettiana, la cui gestione doveva essere più che perfetta. A questo bisogna aggiungere che la quinta stagione di Skam Italia è la prima “originale”, perché la serie madre, quella norvegese che era stata apertamente ricalcata per anni, aveva concluso la sua corsa dopo quattro stagioni.
Insomma, c’era tutto per fallire, e invece la quinta stagione di Skam Italia è… beh, è ancora Skam Italia.

E qual era questo tema così spinoso?
Semplice, nelle conferenze stampa di presentazione della stagione, come sempre disponibile su Netflix, spiegavano che il protagonista di questi dieci episodi sarebbe stato Elia, personaggio finora abbastanza secondario (ma Skam, ormai lo sappiamo, funziona così) che si scopre affetto da una patologia piuttosto rara, ma segretamente temuta da tutti: l’ipoplasia peniena, altrimenti della “micropene”, che non credo abbia bisogno di particolari spiegazioni, in termini di concetto.

Un tema del genere non è complesso solo dal punto di vista comunicativo, in un mondo digitale che spesso sfuma la linea di confine fra il satirico, il greve e il volgare, ma anche perché è una condizione piuttosto rara (che coinvolge lo 0,6% della popolazione), e quindi sembrerebbe meno indicata a un racconto adolescenziale in cui solitamente i temi trattati sono più larghi e immediatamente comprensibili da una fetta molto ampia del pubblico (l’amore, il rapporto con i genitori, le fatiche del crescere, anche l’omosessualità, che non interessa direttamente la maggioranza della popolazione, ma comunque molto più dello 0,6%).

Ludovico Bessegato, showrunner della serie, e tutto il cast erano dunque chiamati a un lavoro molto preciso, particolarmente delicato, che potesse maneggiare un’idea molto particolare, dandole però il respiro più ampio e generazionale che siamo abituati a riconoscere in Skam.
La buona, anzi splendida notizia, è che ce l’hanno fatta.

Diamo qualche coordinata senza fare grossi spoiler (ne faremo qualcuno più in basso, ben segnalato).
Come detto, il protagonista della stagione è Elia, che dopo essere stato bocciato alla maturità si ritrova ancora al vecchio liceo, quello che conosciamo da sempre, con tutti gli amici che intanto sono passati all’università.

È un’idea piuttosto furba, perché consente alla serie di non cambiare sostanzialmente ambientazione, di far ritornare quasi tutto il cast storico che resta comunque “attaccato” ad Elia (con l’eccezione di Benedetta Gargari, interprete di Eleonora, che già aveva confermato mesi fa la sua assenza definitiva), ma anche di inserire nuovi elementi, in particolare un gruppo di quattro ragazze dell’ultimo anno del liceo, con cui Elia entra in contatto e stringe una nuova amicizia che poi avrà conseguenze non sempre semplici con le amiche di una volta.

Quella del segreto di Elia, che non ha mai confessato a nessuno il suo problema ed è ancora vergine perché è da sempre incapace di avvicinarsi davvero a una ragazza senza provare paura e desiderio di fuga, non è ovviamente l’unica storia raccontata dalla quinta stagione.
Che si tratti della band di cui Elia fa parte insieme a Giovanni e Luchino (e che spesso serve da linea comica), oppure delle elezioni per i rappresentati di istituto, in cui le nuove amiche di Elia cercano di farsi valere per portare avanti alcune specifiche battaglie, Skam Italia resta una serie molto corale, in cui piccole e grandi storie si intersecano continuamente, trovando linfa una nell’altra, creando le condizioni perché piccoli avvenimenti in una storia possano servire da innesco per pesanti deflagrazioni in un’altra.

Ciò non toglie, però, che quando una stagione di Skam sceglie un/una protagonista, poi filtra quasi tutto quello che racconta attraverso la sua prospettiva.
E succede anche questa volta con Elia, interpretato da Francesco Centorame, il cui mondo fatto di scuola, esami, amici, progetti, potenziali nuovi amori, sembra costantemente agganciato a un peso tanto segreto quanto invalidante.

Ed è proprio qui che il tema principale della stagione riesce a trovare il modo di allargarsi e trasformarsi in qualcosa che tutti possono capire.
Se vogliamo era anche prevedibile, perfino auspicabile, che il percorso fosse questo, ma vederlo costruito sullo schermo dà comunque un certo senso di sollievo: il disturbo di cui soffre Elia è un buon espediente narrativo non solo perché, per lo meno nella società in cui viviamo, le dimensioni del pene sono una cosa su cui praticamente tutti gli adolescenti si sono interrogati almeno una volta nella vita, considerandola decisiva ai fini del proprio posizionamento sociale e della propria qualità come maschi (che questa convinzione sia figlia di una tradizione culturale completamente arbitraria è, ovviamente, qualcosa che possiamo serenamente dirci senza che questo sia di alcun sollievo per la mente di un ragazzo che in quella tradizione nasce e cresce). Ma è un buon espediente anche perché l’imbarazzo che Elia ne trae è un sentimento che va ben oltre il suo specifico problema, per diventare simbolo più generale di qualunque condizione di disagio.

Per dirla in altro modo, quella sensazione di opprimente solitudine, di inadeguatezza, di ansia da prestazione, di cui vediamo soffrire Elia durante la stagione, è essa stessa qualcosa che il pubblico di qualunque età e genere può riconoscere con facilità, perché a quasi tutti è capitato di sperimentarla, anche se magari per cause diverse.

Le difficoltà di Elia, la sua vergogna, la difficoltà nel cercare un aiuto, sono dunque qualcosa che ci parla direttamente, fin dai primi due episodi in cui il concetto di “pene piccolo” non è ancora nemmeno uscito veramente.
Quasi superfluo aggiungere, poi, un elemento tutt’altro che secondario: con la storia di Elia, Skam Italia esamina una fragilità tipicamente maschile, cosa che rappresenta una discreta novità. Sappiamo bene che il discorso culturale complessivo degli ultimi anni si è molto concentrato sull’inclusione e la rappresentazione di categorie sottorappresentate (proposito più che lodevole), con il rischio però di rinchiudere i famigerati maschi cisgender eterosessuali in una sorta di bolla di privilegio che in molti casi ne ha nascosto le criticità.

Dopo aver trattato storie d’amore etero, passioni gay, difficoltà religiose e femminili, Skam Italia sceglie ora di ricordare come una società sana debba passare anche dal riconoscimento, dall’accettazione e dall’elaborazione di tutta una serie di fragilità tipicamente maschili, che la nostra cultura largamente machista ha sempre tentato di sotterrare e nascondere, con conseguenze spesso disastrose in termini psicologici.

Partendo da questa base, trovata quindi la chiave per dare un senso più ampio a un problema specifico, poi Skam Italia fa quello che sa fare da sempre.
Con sfumature in parte simili e in parte diverse rispetto alle passate stagioni (e le somiglianze sono spesso sottolineate dalla stessa sceneggiatura, per esempio quando Martino capisce prima di altri che qualcosa in Elia non va e si offre di aiutarlo, lui che nella seconda stagione era stato protagonista di un coming out tutt’altro che semplice), quello che non cambia è il percorso, che parte sempre dalla constatazione di un problema, passa dalla messa in scena delle sue conseguenze psicologiche, e si infila poi in un difficile ma liberatorio cammino di elaborazione personale ma anche collettiva, alla ricerca di un equilibrio migliore.

A questo proposito, mi sembra di poter dire che il messaggio di Skam Italia non sia cambiato dall’inizio della serie: un messaggio di compassione e comprensione, un invito prima di tutto a comunicare, a non tenersi dentro tutto, confidando nel fatto che là fuori, da qualche parte e spesso più vicino di quanto si creda, si può trovare un amico fidato che ci farà sentire meno soli.

Da questo punto di vista, quella raccontata da Skam Italia mi sembra un’adolescenza per certi versi realistica (nelle ambientazioni, in certi modi del comunicare), ma allo stesso tempo utopica, perché effettivamente non tutti/e, nella loro vita, hanno potuto contare sul tipo di amicizia che vediamo qui, e sulla presenza di spirito che molti personaggi dimostrano di maturare in poco tempo. Per molte persone (anche se certamente non per tutte), i momenti difficili dell’adolescenza durano di più e la gente intorno non è altrettanto simpatica.
Ma non è un difetto, anzi: Skam Italia è di fatto una serie aspirazionale, non perché racconta del successo di un aspirante sportivo o cantante, ma perché ci mostra, con grande semplicità, come potrebbero essere i nostri rapporti umani, se avessimo il coraggio di non tacere sempre le nostre paure e i nostri sentimenti.
Si può imparare, da Skam Italia, per quanto il termine possa sembrare ardito parlando di una serie tv. Ma se siete serialminder, è anche perché sapete benissimo che dalle serie tv si può imparare eccome.

In termini di messa in scena, poi, Skam Italia resta ancorata a questi principi anche per quanto riguarda quello che si vede e si sente.
C’è la fragilità esibita di Elia, le cui lacrime frustrate sono molto lontane da un certo tipo di mascolinità dura e pura che sicuramente molti ragazzi perseguono ancora oggi (e la recitazione delicata e contrastata di Francesco Centorame è la ciliegina sulla torta della stagione). C’è il modo semplice ed efficace di mostrare la comunicazione via cellulare, da sempre parte centrale del “modo” di raccontare l’adolescenza da parte di Skam, e ancora una volta azzeccata. C’è la consueta vicinanza, proprio in termini di composizione dell’inquadratura, ai volti, alle lacrime, ai baci, tutto inquadrato da vicino perché la prospettiva dei personaggi è quasi sempre molto chiusa, personale, auto-riferita. C’è un certo gusto della retorica visiva e sonora che può anche suonare un po’ stucchevole, con quelle lunghe sequenze al ralenty in cui i personaggi, immersi in qualche canzone strappacuore, sembrano riflettere sul loro presente e sul loro futuro. Ma in fondo l’adolescenza è anche quella cosa lì, e il montaggio di Skam, che vive di accelerate improvvise e altrettanto improvvise pause di riflessione, la ricalca perfettamente, perché se da adolescente non ti sei mai fermato neanche un minuto a sentirti perso nel mondo con un sottofondo tutto tuo, hai avuto un’adolescenza strana. Magari pure invidiabile, però strana.

Ci sarebbe qualche altro dettaglio da citare, ma sarebbero degli spoiler, quindi facciamo che se non avete ancora visto la stagione, vi fermate qui, altrimenti andate avanti.

DA QUI IN POI, SPOILER SU TUTTA LA QUINTA STAGIONE

Diciamo che la necessità di fare qualche spoiler si deve soprattutto al twist finale della stagione, quello che sposta il fuoco dalla tema “il pene di Elia”, introducendo la storia delle molestie del vecchio psicologo della scuola, che fin da inizio stagione sapevamo essersene andato per motivi non meglio specificati.

Non sono sicuro che la scelta di introdurre “anche” questa storia, potenzialmente così grossa, non sia stato un azzardo, perché la sua integrazione con tutto il resto non sembra sempre fluidissima. Anche il fatto che una delle persone coinvolte, e anzi la prima ad accorgersi del problema, sia Viola (Lea Gavino), che sarà poi la ragazza di Elia, non aggiunge molto alla loro relazione, perché le loro esperienze di disagio sono così diverse, da non funzionare esattamente come puntelli compassionevoli una dell’altra.

Allo stesso tempo, e pur rimanendo convinto che quella seconda storia avrebbe meritato più spazio, mi è sembrata trattata con la consueta abilità, e di nuovo con un certo realismo, per esempio quando Viola si rende conto solo a posteriori di essere stata manipolata dallo psicologo, e solo grazie a un aiuto esterno, senza il quale sarebbe rimasta sempre all’oscuro di tutto (una rappresentazione dell’abuso non scontata, visto che solitamente, al cinema e in tv, chi subisce un abuso ne è drammaticamente consapevole, anche se questa non è effettivamente la condizione di “tutti” gli abusi possibili).

È chiaro che qui c’è un ulteriore elemento di delicatezza, così come è chiaro che là fuori potrete trovare persone molto più competenti di me sia rispetto alle mansioni e prerogative di uno psicologo (e parlo di quello nuovo a cui si rivolge Elia, non certo quello vecchio che abusava delle ragazzine), sia rispetto a certe questioni di (rappresentazione) di genere, o di bullismo.
Questo per dire che magari, qui e là, la stagione potrebbe presentare dei problemi specifici di cui io non mi sono accorto, e avendola vista in anteprima non ho avuto modo di approfondire altri pareri, come solitamente faccio in casi come questo.

L’impressione che però a me resta, e che mi porto dietro anche dopo questa quinta stagione, è quella di una serie che sa essere molto semplice, ma di una semplicità studiata, figlia di una ricerca su quello che sono le sensazioni forti ma spesso anche dritte, assolute, delle menti più giovani.
E continua a sembrarmi l’approccio giusto, quello che permette di approfondire senza diventare incomprensibili, di parlare di cose vere, reali, senza tralasciare una componente di aspirazione e di speranza.

Tecnicamente, la quinta stagione di Skam Italia non è una stagione sorprendente, perché nonostante una pausa piuttosto lunga ci ha immerso nuovamente nelle stesse atmosfere e nelle stesse modalità di racconto e approfondimento.
Semmai, la sorpresa arriva dal fatto che, dopo un tempo che ci pare infinito (causa pandemia), Skam Italia è tornata e sembra che non sia mai andata via.
E va benissimo così.



CORRELATI