6 Ottobre 2010 5 commenti

Running Wilde di Marco Villa

Ovvero la complessità del concetto di “carino”

Copertina, Pilot

In riferimento a canzoni, libri, film e prodotti culturali in genere, il termine carino, specie se accompagnato da un movimento della testa verso una delle due spalle (preferibilmente la sinistra), è ambiguo.
Può significare:
– Nel senso, non so come spiegarti, ha delle cose buone qua e là. Fa anche ridere/commuovere a sprazzi. Però boh… prescindibile
– È adorabile (valida solo in caso di parlante omosessuale)
– Non è una schifezza,  eh, intendiamoci. Però la regia, la scrittura, la produzione, la fotografia, il rendering, il packaging…
– È ruffiano (valida solo in caso di parlante radical chic)
– È andato al Sundance

Ecco, oggi parliamo di una serie carina.
Trattasi di Running Wilde, partita il 21 settembre su Fox e nata dalle stesse teste che partorirono a suo tempo Arrested Development, ovvero una di quelle cose che per il sottoscritto stanno nella categoria “Beh, dai, oggi lo guardo… però aspetta, come si chiamava quell’altra cosa?” e quindi destinate a occupare un posto sempre più impolverato nella lista delle cose da leggere, fare, vedere, ascoltare per essere un giovinotto al passo con i tempi.
La trama. Lui è un miliardario idiota. Lei un’idealista sua amica d’infanzia. Per motivi che non sto a dirvi, lei finisce con la figlioletta ad abitare a casa di lui. Seguono battibecchi, scontri e buffi personaggi di contorno.
Andando un po’ con ordine. Il cuore della serie è la distruzione del personaggio di Will Arnett. Se prima ho detto che un idiota, non l’ho fatto tanto per. È veramente un imbecille che non capisce nulla del mondo che lo circonda.

E tale mondo che lo circonda ne è ben consapevole e sfrutta la situazione a suo vantaggio: ecco allora il tuttofare che lo convince a farsi dare 50 dollari per comprare cose che costano pochi centesimi o il vicino di casa altrettanto ricco, ma solo un filo meno idiota, che lo cogliona da mattina a sera sfidandolo a comprare lo stallone più grande o il pony più piccolo.
Tutta la parte positiva della serie sta qui, in questi scontri e nella sistematica demolizione di ogni parvenza di intelligenza del protagonista.
Tutto il resto, è semplice contorno: la radical ambientalista (Keri Russell) che in fondo rimpiange gli agi della civiltà, il di lei fidanzato estremista e goffo, la di lei figlia con un’intelligenza machiavellica e via dicendo.
Non si tratta certo della serie migliore dell’anno, ma neanche della più brutta.
È dignitosa.
Strappa qualche risata.
Insomma, dai, l’avete capito, è carina.

Previsioni per il futuro: lui sarà sempre più idiota, ma in fondo dimostrerà di avere anche un gran cuore.

Perché guardarlo: perché godete nel vedere personaggi talmente stupidi da essere insensati.

Perché mollarlo: perché, siamo onesti, a parte la stupidità di cui sopra, non c’è nient’altro.



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