21 Aprile 2020

Ragnarok – Netflix: il punto di unione tra mito, teen drama e ambientalismo di Francesca Mottola

Ragnarok è una serie norvegese di Netflix, che riesce a unire mondi e generi diversi in modo interessante

Pilot

L’episodio pilota della serie danese-norvegese targata Netflix si apre con la definizione del termine che dà il titolo allo show: Ragnarok, la fine del mondo secondo la mitologia norrena, che inizia con catastrofi naturali e si conclude con lo scontro finale tra divinità e forze del male. La mitologia nordica esercita da sempre un forte fascino sull’immaginario collettivo, come testimonia il suo ripresentarsi in maniera ciclica in forme diverse: dall’opera lirica di Wagner – presente nella serie – ai fumetti della Marvel, dal Valhalla cinematografico di Nicolas Winding Refn a quello videoludico di God of War per PS4. La serie ideata da Adam Price riesce a trovare una sua collocazione originale attraverso l’unione del mito al teen drama e alla tematica ambientalista, che conferisce all’apocalisse, al Ragnarok, un corrispettivo contemporaneo assolutamente plausibile.

Il racconto si apre con il ritorno di Magne (David Stakston), adolescente goffo e introverso, nella cittadina natia di Edda – l’ultima città del Nord ad aver abbandonato il culto degli dei norreni in favore del Cristianesimo – insieme alla madre e al fratello Laurits (Jonas Strand Gravli). Dopo averla lasciata molti anni prima a seguito di un misterioso incidente nel quale il padre ha perso la vita, la famiglia si ritrasferisce spinta dall’assunzione della madre nella sinistra industria Jutul, detentrice di un potere malsano sulla città. Magne si accorge immediatamente che il ritorno ha catalizzato una serie di incredibili cambiamenti sul suo corpo: non gli occorrono più gli occhiali da vista, può correre per ore senza stancarsi e la sua forza sembra essere cresciuta in modo esponenziale. Dopo un inizio difficile nella nuova scuola, Magne stringe amicizia con la tenace attivista per l’ambiente Isolde (Ylva Bjørkaas Thedin), che lo introduce ai misteri legati alla Jutul.

Il paradigma del paesino isolato e immerso nella natura selvaggia su cui incombe da un lato la minaccia dell’industria, e dall’altro una fitta rete generazionale di segreti, inganni e lotte per il potere, rappresenta un topos comune a moltissima serialità, recente e non. Da SmallvilleDark, questa cornice è stata riproposta sul piccolo schermo con infinite varianti e la costante di un giovane protagonista sul punto di intraprendere un vero e proprio viaggio dell’eroe, mentre fa i conti con gli amori e i turbamenti dell’adolescenza.

Quello che di nuovo c’è in Ragnarok è il proposito evidente di portare questi elementi – mescolati in maniera fresca e originale tra teen drama e fantasy dalle tinte gotiche – al completo servizio della contemporaneità. Ragnarok utilizza infatti il soprannaturale come strumento per dialogare con un certo pubblico, tendenzialmente adolescente, su temi caldi ed estremamente legati all’attualità, su tutti quelli dell’ambiente e del clima, e del bisogno di creare una coscienza collettiva per tutelare il futuro del pianeta. 

Il percorso di formazione di Magne inizia dunque nella sperduta Edda, e fin dall’episodio pilota si percepisce una sceneggiatura delicata nel tratteggiare i personaggi, ma solida e asciutta nel raccontare vicissitudini e intrecci e nel gettare le basi per gli episodi (stagioni?) a seguire. La fotografia dai toni grigio-azzurri mostra una Norvegia dagli scorci mozzafiato, in cui però è sempre percepibile la sensazione di pericolo e di calma forzata prima della tempesta, letteralmente.

Ragnarok si presenta come una sorpresa: non è poi così scontato approcciarsi senza pregiudizio a una serie che sulla carta unisce diversi luoghi comuni della serialità a un elemento complesso come la mitologia, spesso ridotta a reinterpretazioni televisive e cinematografiche banali e senza la minima credibilità. È bello essere smentiti e sorpresi da un prodotto che invece ha tutte le carte in regola per intrattenere e far riflettere attraverso un immaginario per nulla convenzionale. 

Perché guardarla: perché mescola in maniera originale e piacevole fantasy e teen drama, mettendoli per la prima volta al servizio di una riflessione attuale e importante

Perché mollarla: perché in alcuni momenti è inevitabile la sensazione di già visto e gli effetti speciali fanno pensare a un budget un po’ troppo risicato



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