19 Agosto 2020

The Head – Agatha Christie incontra John Carpenter di Andrea Palla

Un thriller estivo in stile Cluedo, dove il piano dell’assasino è così affidato al caso che può solo fallire, e infatti ha successo.

Pilot

Chiariamolo subito: The head è quel classico thrillerone estivo in cui un insieme di persone rinchiuse in una location da cui non possono allontanarsi muoiono una dopo l’altra senza apparente logica né motivo, con lo spettatore impegnato a capire chi sia l’assassino tra i sopravvissuti e quale sia il suo movente. È la tipica storia dove il piano del cattivo è talmente affidato al sottile susseguirsi di eventi e circostanze che ogni singolo tassello sbagliato potrebbe far crollare tutto, ma fila invece via liscio in barba alle più banali leggi di Murphy.

La meccanica è semplice, e affonda le radici tanto nei libri di Agatha Christie  – Dieci piccoli indiani o Assassinio sull’Orient Express, tanto per citarne due famosissimi, procedevano proprio con questa modalità – , quanto in certe pellicole o serie moderne. Senza voler scomodare Harper’s Island, che per noi di Serial Minds nel 2010 aveva addirittura generato una vera e propria scala di giudizio circa il cringe di certe trame gialle, possiamo a memoria recente fare un paragone con prodotti come Scream o con l’antologica Slasher, con almeno un importante distinguo: The Head non punta su effetti splatter né su una macabra fantasia nella rappresentazione degli omicidi, cercando piuttosto di riportare il tutto a una patinatura meno adolescenziale e più classica. Non è tanto importante il come i protagonisti muoiano – del resto scopriamo la conta dei morti fin dal primo episodio – ma piuttosto perché essi muoiano e per mano di chi.

Co-prodotta da The Mediapro Studio, Hulu Japan e HBO Asia, è una serie a scrittura spagnola (gli autori sono Àlex e David Pastor e il regista è Jorge Dorado) e con un cast internazionale che ha coinvolto spagnoli, inglesi, americani, svedesi, danesi; tra i volti noti da riconoscere troviamo Alvaro Morte, il professore de La casa di carta.

La trama inizia come nel classico horror di John Carpenter La cosa (di cui è presente anche una esplicita citazione): nella base di ricerca antartica Polaris VI, dove si sta compiendo un’importante scoperta sugli effetti benefici di un batterio che potrebbe risolvere il problema del cambiamento climatico, dieci ricercatori rimangono isolati per la lunga e buia stagione invernale. I compagni che torneranno a unirsi a loro in estate ritroveranno ben sette corpi senza vita, con l’eccezione della giovane dottoressa Maggie (Katharine O’Donnelly), che però non ricorda lucidamente cosa sia successo, e di due dispersi. In attesa dell’arrivo delle squadre di investigatori spetterà al comandante  Johan Berg (Alexander Willaume) aiutare la ragazza a ricostruire il racconto di quei mesi drammatici e a disvelare, un pezzetto alla volta, il destino subìto dai colleghi, e in particolare a suggerire dove sia finita la scomparsa moglie Annika.

L’atmosfera claustrofobica e scura della stazione (ricostruita dalla produzione in scala 1:1), l’impossibilità dei nostri di fuggire e il fascino del gelido ambiente antartico, uniti a un’ottima fotografia e a una regia precisa e cadenzata, catapultano lo spettatore in una storia disturbante e con tutto il potenziale per dare vita a un sottile gioco investigativo in stile Cluedo. Tuttavia la linearità del racconto accende presto anche le critiche alla plausibilità di certe situazioni, e il fatto che da subito vengano mostrati i cadaveri, con poche eccezioni, restringe immediatamente il campo dei sospettati. È però vero che alcuni sapienti colpi di scena e cambi di prospettiva, così come l’incastro tra la versione di Maggie e alcuni elementi del passato delle vittime, contribuiscono almeno in parte a infittire la trama e ad aggiungere diversi elementi fuorvianti. Il finale, quantomeno per ciò che concerne l’identità dell’assassino, non è così esplosivo; ma lo spiegone negli ultimi minuti sorprende per la buona complessità delle motivazioni e delle modalità, pur lasciando in sospeso qualche dubbio di troppo che può a tutti gli effetti essere classificato come buco di sceneggiatura.

Nell’insieme i 6 episodi scorrono via con facilità, intrattenendo e angosciando. È interessante seguire la serie in compagnia, per poter fornire ognuno la propria analisi deducendo dagli indizi la soluzione del caso, ma anche per analizzare i segreti che in qualche modo circondano tutti i protagonisti. The Head è, in conclusione, un thriller autoconclusivo pulito ma coinvolgente che può regalare qualche brivido per la stagione calda. Non un capolavoro, ma un altro buon tassello nel catalogo di Prime Video.

Perchè seguire The head: perchè è un giallo classico, in cui lo spettatore è coinvolto nel gioco di scoperta dell’assassino e del movente.

Perchè mollare The head: perchè l’identità dell’assassino non è così esplosiva e alcune situazioni non sono del tutto plausibili.



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