13 Ottobre 2010 4 commenti

Fringe e lo spettatore alternativo di Diego Castelli

Come nascondere una genialata in una puntata quasi normale

I perché del mondo, On Air

SPOILER!!!!  IN QUESTO ARTICOLO SI PARLA DELLA TERZA STAGIONE DI FRINGE, FINO AL TERZO EPISODIO

Bisogna parlare della 3×03 di Fringe. Perché oltre al solito interesse per la trama e lo sviluppo dei personaggi, questa volta è entrato in gioco qualcosa in più, una sorta di vibrazione della struttura stessa del telefilm in quanto tale.
Ebbene sì, sto scrivendo un serio post di analisi.

Chi segue Fringe sa che i suoi autori sono fissati con gli universi paralleli, tanto quanto i creatori di X-Files erano ossessionati dagli alieni. All’alba della stagione tre, sappiamo che un universo parallelo esiste e che è possibile raggiungerlo. Intanto, il finale della seconda stagione ci aveva lasciato con una bella grana: la Olivia dell’universo alternativo si era infiltrata nel nostro, mentre la “nostra” Olivia era rimasta prigioniera dall’altra parte. Ovviamente senza che Peter e suo padre ne sapessero nulla.

L’alternate universe non è di per sé rivoluzionario. Somiglia moltissimo al nostro, ma presenta anche quelle classiche differenze che spingono lo spettatore a fare la faccina sorpresa. Laggiù non c’è mai stato un 11 settembre, gli U2 non sono famosi, e Walter non è un buffo e indifeso scienziato, bensì un ministro della difesa stronzo e calcolatore.
Tuttavia, e qui entrano in gioco idee ben più interessanti, i personaggi dell’altro lato non sono “malvagi”. Abbiamo appreso che anche là esiste una divisione Fringe, e i suoi componenti non solo non vogliono distruggere il nostro universo, ma anzi temono che siamo noi a voler compromettere il loro. Una prospettiva, dunque, che confonde la classica dicotomia buoni/cattivi, con conseguenze imprevedibili.

Ma il punto è “come” si è lavorato su questo tema: manipolando la vera essenza di Fringe in quanto serie tv.
Occhio perché il bello è qui: l’episodio presenta un classico caso (fanta)scientifico da risolvere. La differenza rispetto ai molti casi di puntata già affrontati è che questo avviene… nell’altro universo! A parte le allucinazioni della nostra Olivia – a cui hanno fatto il lavaggio del cervello e che servono alla trama orizzontale – seguiamo gli agenti Fringe dell’altro lato, osserviamo la loro indagine, i loro normali rapporti umani, le difficoltà che incontrano. Empatizziamo con loro, li troviamo simpatici, speriamo nel loro successo: l’”altro” Broyles, l’”altra” Farnsworth”, l’”altro” Francis.
Lo sviluppo di questa impostazione ci porta a una conclusione sorprendente, che si coglie solo verso la fine ma che riempie di entusiasmo: di fatto, questo non è un episodio di Fringe, bensì della versione alternativa di Fringe, dove i personaggi sono altri, altro è il mondo della storia, altri i casi da risolvere. Costruendo interamente il racconto nell’universo parallelo (eventi, personaggi, tensione emotiva e identificazione), è come se gli autori avessero fatto varcare la soglia anche a noi, tramutandoci in spettatori alternativi di un universo alternativo, copie non-proprio-identiche di noi stessi. Roba da premere stop, girarsi sul divano e scoprire che l’arredamento è completamente diverso, che il cane si chiamma Fuffi invece che Fido, e che la vostra bisnonna è ancora viva e si chiama Raffaella Carrà.

E’ già successo, in passato, che una serie proponesse puntate particolari, ambientate in mondi ipotetici o di sogno. Ma l’episodio in questione, inserito in un telefilm che parla di dimensioni parallele, non è identificato in alcun modo come “speciale”. Non è uno special Fringe, bensì un alternate Fringe. E per una sera, senza accorgercene, siamo diventati alternate audience...

Scusate se è poco…

PS Avete notato che il logo della sigla è diventato rosso? Un semplice restyling grafico? O forse un segno che stiamo finendo dall’altra parte? Dove i capelli di Olivia, guardacaso, sono rossi…



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