21 Novembre 2012 4 commenti

Grimm – La pazienza paga di Diego Castelli

E alla fine divenne una bella serie…

Copertina, On Air

L’ho fatto una prima volta nei serial moments di settimana scorsa, e ora voglio tornarci su: è il momento di riscoprire Grimm.

Ricordate l’autunno del 2011, quando più o meno nello stesso momento arrivarono due serie che si rifacevano al mondo delle fiabe? Una era Once Upon a Time, l’altra, appunto, Grimm. Nacque anche un po’ di polemica, qui su Serial Minds, su quale fosse la migliore, anche se con l’andare delle settimane divenne sempre più chiaro che, fiabe a parte, i due prodotti erano poco paragonabili, così familiare e magico il primo, così sbilanciato sui toni del crime il secondo.

Un anno dopo, e su molti fronti, è evidente che è in vantaggio Once Upon a Time. Malgrado la mia preferenza iniziale per Grimm, Once è la serie che ha raccolto di più in termini di ascolti, e che ha messo in campo le idee più innovative. Non sempre sviluppate benissimo, con effetti speciali talvolta farlocchi e principessa dalla dubbia beltà, ma nel complesso capace di proporre qualcosa di veramente nuovo. Che non è mica poco, voglio dire.

Questo doveva significare la morte di Grimm? No, perché la serie aveva il suo bel potenziale, e il suo miscuglio di fiaba medievale, investigazione e ironia sembrava comunque meritevole di fiducia. Oggi, dodici mesi dopo e con qualche correzione in corsa, posso dire con una certa soddisfazione (e sensazione di “scampato pericolo”) che non ho buttato via tutte quelle ore: se all’inizio Grimm era un telefilm gradevole ma con poca personalità, che seguivo più per speranza che per reale interesse, oggi quella stessa serie è un appuntamento fisso della settimana, e specialmente nelle ultime tre-quattro settimane mi sono trovato ad aspettarla con una certa ansia.
Per dire, più dello stesso Once Upon a Time, che ha avuto il coraggio di cambiare radicalmente il suo racconto (spezzando la maledizione di Regina) ma che proprio per questo sta cercando di ritrovare una reale forza narrativa. Perché sì, mi interessa sapere che fine faranno Emma e Biancaneve, ma quando c’era la maledizione era un’altra cosa.

Chi aveva stretto i denti nella prima stagione di Grimm si era già accorto di un cambio di rotta verso la metà o poco più: la serie si era fatta più cupa e violenta, e aveva iniziato a spingere sullo splatter e il raccapricciante. Non è American Horror Story, e nemmeno si può dire che l’aggiunta di un po’ di sangue sia di per sé motivo di elogio. Anzi, per qualcuno aumentare il numero delle teste mozzate può essere un difetto piuttosto che un pregio. Ma si vedeva il tentativo di dare nuova linfa a un prodotto che vivacchiava senza eccellere, fosse solo irrobustendo l’atmosfera.

E’ con la seconda stagione che le cose sono cambiate sul serio. Come spesso (sempre?) accade, è la scrittura a fare la vera differenza, e in questo senso non ci sono dubbi: quest’anno Grimm è significativamente migliore.
La prima soluzione, la più ovvia, è stata quella di dare maggior peso alla storia orizzontale. Fin da subito si era parlato di cospirazioni e grandi inganni nel mondo dei wesen, ma la scorsa stagione era stata quasi solo verticale, legata a casi di puntata che dopo un po’ annoiavano abbastanza, anche perché legati al tristo meccanismo “qualcuno muore, Nick arriva sul posto, vede un mostro e capisce che è stato lui”. Non esattamente un’investigazione degna di Sherlock Holmes.
Quest’anno, dei casi di puntata ci è interessato poco e niente. Molto più interessante seguire le conseguenze dell’amnesia di Juliette (ahhhh, l’importanza degli amori ostacolati…), osservare i sotterfugi del capo di Nick, che gli slinguazza la fidanzata di nascosto, assistere alla crescita di una criminalità “mostruosa” sempre più avvolgente e pericolosa. Il tutto cosparso di piccole e grandi sorprese e rivelazioni.

E non abbiamo nemmeno fatto riferimento ai miglioramenti nella messa in scena, con scene d’azione più convincenti, una costruzione della suspense più precisa ed efficace, e il ruolo sempre più attivo e divertente di Monroe, vero co-protagonista della serie (ma questo lo sapevamo fin dall’inizio).

Come al solito, a questo punto invoco la pacatezza: Grimm non è mica diventata la serie dell’anno. Ma non ci capita così spesso di poter parlare di un telefilm che migliora, e che sembra destinato a migliorare ancora, per giunta in un momento storico in cui i nuovi drama fanno acqua e alcuni altri prodotti partiti in quarta devono ritrovare leggermente la bussola (tipo Once, ma anche Revenge, che si è rialzato solo ora dopo un inizio di stagione un po’ claudicante).

Dulcis in fundo, dopo tutte ‘ste riflessioni mi fanno trovare il cartello qui sotto come ultima immagine del midseason finale: tocca provare ulteriore simpatia per Nick e i suoi amici mostri, visto che questa cosa ci fa sempre vorticare i maroni, ma ce ne fosse mai uno che si scusa.



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