16 Aprile 2013 2 commenti

The Village – Ecco l’Heimat inglese di Marco Villa

Una serie ambiziosissima, per raccontare un secolo di storia

Brit, Copertina, Pilot

Avete presente le serie che ci piacciono tanto? Quelle che consideriamo dei capolavori di scrittura, come The Wire, Breaking Bad, Sons of Anarchy, Mad Men e simili. Serie che hanno cambiato il concetto stesso di serialità, introducendo come fondamentale un elemento fino a quel momento non dico ignorato, ma comunque poco valorizzato: la dimensione orizzontale della narrazione. E ancora: serie che hanno fatto usare paragoni e confronti con il cinema, fino a quel momento mai tirato in ballo per occuparsi di telefilm, se non per fare confronti svilenti per il mezzo televisivo. Ecco, sappiate che tutte queste cose, tutte queste caratteristiche erano già presenti in un prodotto tedesco datato 1984. Circa vent’anni prima, esatto. Quel prodotto si chiama Heimat, l’ha realizzato Edgar Reitz ed è un capolavoro assoluto. Perché ne sto parlando? Perché il post di oggi si occupa di The Village, che il suo creatore Peter Moffat (Silk, tra le altre cose) ha definito l’Heimat britannico.

The Village (qui i sottotitoli) racconta la storia di un paesino della provincia inglese attraverso tutto il novecento. Si parte dal 1914 e si va avanti. Al centro della narrazione le vicende di una famglia contadina: il padre ruvidissimo, la madre che difende i figli di nascosto, il figlio maggiore che vuole lasciare il paese, quello piccolo di pochi anni, che farà da narratore per tutta la serie, in flashback dal tempo presente.

Perchè l’Heimat inglese? Perché il film di Edgar Reitz raccontava la storia di un paesino della provincia tedesca dalla fine della prima guerra mondiale al capodanno del 2000. Ho usato la parola film perché Heimat (composto da tre film di undici, tredici e sei episodi) è uscito al cinema e – pur essendo prodotto dalla tv – è sempre stato considerato cinema, anche in contrapposizione qualitativa rispetto alla tv di allora.

Il progetto di Peter Moffat è ambiziosissimo e ovviamente del tutto proiettato su uno sviluppo orizzontale. Non potrebbe essere altrimenti, vista la durata dell’arco narrativo e la volontà di raccontare, attraverso un piccolo filtro, la storia di un intero paese (del resto Heimat significa, più o meno che è complicato, patria).

Il primo episodio di The Village, quindi, serve giusto a impostare toni e personaggi. Non succede granché, più che altro perché tutto è in attesa del grande evento che si scorge sullo sfondo, cioè lo scoppio della prima guerra mondiale. Nel frattempo, Moffat compie una panoramica su tutti i personaggi, gli elementi e le contrapposizioni che verranno messi in scena. Il pilot tiene, ma non è certo fulminante: logico che sia così, visto l’impianto generale del progetto.

Non si parla solo della famiglia contadina cui ho accennato in apertura. C’è la controparte ricca e aristocratica (e il campanello Downton Abbey non può non suonare), la matta del paese, la giovane insegnante suffragetta. Sullo sfondo, poi, the village, nel senso del paese: un luogo totalizzante, dove le famiglie risiedono da generazioni. Un luogo che dà senso di appartenenza, ma allo stesso tempo toglie respiro. Tanti elementi, tanti rischi.

Io di Heimat sono un fan sfegatato, ci ho fatto la tesi e ciclicamente mi metto a riguardare scene o episodi. È un capolavoro, l’ho detto e lo ripeto. Se The Village valesse un decimo di Heimat, sarebbe una grande serie.

Perché seguirlo: per l’ambizione del progetto e per la grandezza del modello di riferimento

Perché mollarlo: per gli stessi motivi, perché ne fanno una serie non facile



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