18 Ottobre 2016 2 commenti

Noah Schnapp di Stranger Things è dovuto intervenire per parlare dell’orientamento sessuale di Will. Sul serio. di Diego Castelli

Forse si esagera un tantino

Stranger Things Will (2)

Siamo un po’ indecisi su come reagire a un certo fatto.

Parlando di Stranger Things, fin dall’uscita della serie molti commentatori americani hanno evidenziato come la avventure dei protagonisti della serie Netflix possano essere letti anche in una chiave anti-omofobia: certe caratteristiche dei personaggi, il modo in cui vengono insultati e presi di mira dai bulli, e perfino il concetto dell’Upside Down come divisione fra un posto alla luce e uno nascosto, sono tutti elementi che richiamerebbero (anche) la difficoltà di molti giovani omosessuali nel difficile tentativo di trovare il proprio posto in una società ancora intollerrante.

Fin qui tutto bene, siamo nel campo della critica e dell’analisi del testo, e forse solo i fratelli Duffer (non proprio dei chiacchieroni) potrebbero dirimere la questione dicendo “sì, pensavamo anche a quello”, oppure “no, Stranger Things non c’entra niente con il tema dell’omofobia (detto che la loro opinione in merito conta, ma fino a un certo punto, come sempre accade con qualunque testo che, una volta costruito dal suo autore, comincia ad avere anche una vita propria).

Ora però è successa una cosa in più: molta gente ha cominciato a interrogarsi specificamente sull’orientamente sessuale di Will. Senza che la serie dica nulla di esplicito a questo riguardo, è maturata l’idea che Will sia gay, e il discorso è montato al punto tale che lo stesso Noah Schnapp, interprete di Will, ha voluto dire la sua con il seguente post.

So I thought it would be time to jump into the conversation. I’ve been reading stuff for a while. I think everyone here is missing the point. An author called Gary Schmidt came to speak at our school this week and he said that good stories aren’t supposed to leave you with answers because then you never question yourself and you forget about it. A good book, or a good show leaves a lot of unanswered questions but makes you think. Which is what you are all doing. For me, Will being gay or not is besides the point. Stranger Things is a show about a bunch of kids who are outsiders and find each other because they have been bullied in some way or are different. Does being sensitive, or a loner, or a teenager who likes photography, or a girl with red hair and big glasses, make you gay? I’m only 12 but I do know we all relate to being different. And that’s why I think the Duffers wrote the show the way they did. So you can ask all these questions. I hope the real answer never comes out! #dufferbrothers ❤️❤️

Una foto pubblicata da 🌍Noah Schnapp🎥 (@noahschnapp) in data:

 

Non ho intenzione di tradurlo tutto, ma il concetto espresso da Schnapp è: “Le storie migliori sono quelle che lasciano alcune cose in sospeso. Quindi il fatto che Will sia gay o meno non importa, ciò che conta è che Stranger Things parla di ragazzini che sono degli outsider e che si trovano uno con l’altro perché a vario titiolo vittime di bullismo, e tutti possiamo relazionarci col concetto di essere diversi”.

E la cosa che mi viene da dire è: ma non è ovvio? Cioè, quand’è che la legittima curiosità nei confronti di una storia o di un personaggio (e l’amore per i dettagli, di per sé, non è affatto in discussione) si è trasformata nel bisogno compulsivo di sapere proprio tutto, anche ciò che un autore ha scelto di non dire, anche ciò che probabilmente non va detto, proprio per ottenere un certo effetto e una certa universalità che altrimenti svanisce?
Dove finiscono la passione e la curiosità, e dove inizia il bisogno morboso di non mollare nulla, di avere tutto e tutti sotto controllo, in un mondo in cui passiamo metà del tempo libero a spiare gli amici su facebook?

Io non so dove stia esattamente il confine, può pure essere che non ci sia. Ma mi sento di dire che quando un bambino di dodici anni (reale) si sente in qualche modo in dovere di insegnarci che magari non ha senso farsi domande sull’orientamento sessuale di un altro bambino di dodici anni (immaginario) in una serie che in gran parte parla di tutt’altro, forse il confine l’abbiamo superato. E non per il povero bambino, che tanto non esiste e quindi chi se ne frega, ma proprio per il fatto che, in generale, avrebbe senso lasciar perdere un po’ di ansia. Sennò poi dobbiamo farci fare la morale da uno che ha più o meno un terzo dei miei anni (e io non ne ho 98, tengo a precisare…).



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