7 Giugno 2018 3 commenti

Unbreakable Kimmy Schmidt 4 – È la migliore stagione di sempre? di Marco Villa

Mai come nella quarta stagione, Unbreakable Kimmy Schmidt riesce a mettere i personaggi al servizio della storia, trovando anche dei picchi clamorosi

Copertina, On Air

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ATTENZIONE: SPOILER SULLA QUARTA STAGIONE

Di culto, alla fine Unbreakable Kimmy Schmidt è diventata una serie di culto. Fa strano dirlo, perché portata avanti da un nome come Tina Fey, oltre che prodotta e distribuita da uno dei più grandi e potenti creatori di contenuti contemporanei, ma di fatto è questo che è successo. Una serie che ha mille punti di forza, una manciata di debolezze e che nel corso degli anni non ha mai davvero spiccato il volo a livello di popolarità e di presenza nell’immaginario. Arrivati alla quarta stagione, qualcosa è cambiato a livello di scrittura ed equilibri, al punto da poter scommettere due lire che, se fosse stata così fin dall’inizio, Unbreakable Kimmy Schmidt avrebbe potuto avere un destino differente.

La quarta stagione di Unbreakable Kimmy Schmidt è anche l’ultima e per allungare il suo addio è stata divisa in due parti. I primi sei episodi sono stati rilasciati su Netflix il 30 maggio, gli ultimi sei arriveranno a gennaio. Non sappiamo se si tratti della consapevolezza del finale in arrivo, ma la sensazione che arriva forte da queste sei puntate è quella di una maggiore libertà creativa, come se finalmente la storia fosse riuscita ad avere la meglio sui personaggi.

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Basta un esempio: la terza puntata, bellissimo episodio stand-alone del tutto slegato dal resto della serie, sia dal punto di vista della storia, sia da quello della modalità narrativa. Si tratta di un finto documentario modulato sullo stile di Making a Murderer o The Jinx, in cui la realizzazione di un prodotto audiovisivo finisce per risolvere un complicato caso giudiziario. Ovviamente tutto è virato al non-sense, a cominciare dall’ideatore del documentario (un dj improbabile) e dal soggetto dell’indagine (il reverendo che imprigionò Kimmy e le altre nel bunker, come sempre interpretato da un Jon Hamm che sembra divertirsi un mondo). Tutto il racconto dell’episodio segue regole ben precise, che rispettano il modello narrativo del documentario, con continue virate comiche. Oltre al dj, viene introdotto anche il personaggio di Fran, che finirà poi per interagire anche con Kimmy dandole modo di costruirsi in opposizione una coscienza femminista ancora più strutturata.

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Al di là di questo esempio, tutta la stagione ha visto la storia spalmarsi meglio tra i vari personaggi, senza monopolizzare Kimmy e (soprattutto) Titus. Per la prima volta abbiamo un episodio intero che ha come protagonista pressoché assoluta Lillian, alle prese con l’eredità del defunto Artie. Ancora: l’episodio della recita scolastica, in cui i personaggi sono messi al servizio di una trama e non viceversa, come accaduto spesso in passato.

Il risultato, dovendo badare al sodo, è che la quarta è forse la stagione di Unbreakable Kimmy Schmidt in cui si ride di più e meglio, non più solo per le esagerazioni caricaturali dei personaggi, ma anche per situazioni in cui quei personaggi si ritrovano a muoversi. Da queste parti siamo sempre stati fan di Unbreakable Kimmy Schmidt, ma abbiamo sempre avuto la sensazione che ci fosse del potenziale ancora non sfruttato: abbiamo finalmente capito di che tipo di potenziale si trattasse. Non resta che aspettare con estrema fiducia gli ultimi episodi, perché non sarà diventata una serie da fenomeno di massa, ma Unbreakable Kimmy Schmidt il suo l’ha sempre fatto.



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