16 Novembre 2018 2 commenti

Narcos: Mexico – Si riparte di Marco Villa

Dopo tre stagioni in Colombia, Netflix lancia Narcos: Mexico: molto più di una quarta stagione

Copertina, On Air

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Un poliziotto che in realtà è un criminale, un criminale che in realtà è un poliziotto. Per capire il cuore di Narcos: Mexico basta soffermarsi su come vengono presentati per la prima volta i personaggi dei due protagonisti Diego Luna e Michael Peña. Il primo fa la sua apparizione con la divisa da poliziotto dello stato fi Sinaloa e risolve una sorta di assedio da parte dell’esercito, prelevando un narcotrafficante che si era rinchiuso in una chiesa nascosto in mezzo a centinaia di contadini. Il secondo entra nella serie cercando di comprare marijuana da un grossista, in un brutto motel californiano. Bastano pochi minuti e si scopre che è tutto il contrario: Diego Luna interpreta in realtà Felix Gallardo e dallo stato di Sinaloa inizierà a tessere una trama di diplomazia e violenza che lo porterà a diventare il primo grande padrino del narcotraffico messicano. Michael Peña invece è Kiki Camarena, agente della DEA che per primo intuisce la portata del piano e del pericolo di Gallardo e che deciderà di infiltrarsi sotto copertura per provare a fermarlo.

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Quella raccontata da Narcos: Mexico, sorta di reboot della serie di Narcos dopo le tre stagioni colombiane, è una storia criminale, ma è anche la storia di come un intero Paese sia stato preso in ostaggio da un sistema complesso che coinvolge non solo i narcos, ma ogni strato del Paese. Per spiegarlo meglio, citiamo le parole usate dallo stesso Diego Luna, nella conferenza stampa tenuta nell’area movie di Lucca Comics and Games: “Non è la storia di un poliziotto che insegue un criminale: Narcos: Mexico racconta quante persone devono essere coinvolte per far sì che questa organizzazione funzioni. Parla della zona grigia, di come tutto questo non sarebbe mai successo se politica, polizia, mercati, governo e militari non fossero stati coinvolti, in Messico come negli Stati Uniti”.

Con Narcos: Mexico, Netflix riparte dalla base di una delle sue serie più amate: la storia realmente accaduta dell’ascesa di un signore del male, raccontata facendo ampio ricorso a una voce narrante. Con Escobar poteva puntare tutto su un nome che faceva parte dell’immaginario collettivo di tutto il mondo, cosa che con Felix Gallardo non si verifica. Giusto così, però, per dare un respiro differente al progetto ed evitare il rischio clone. Di diverso, poi, c’è il personaggio di Kiki Camarena: pur essendo in prima linea, gli agenta della DEA del Narcos colombiano erano sempre un passo indietro rispetto a poliziotto e militari locali, che rischiavano la vita (e spesso la lasciavano) al posto loro. Kiki Camarena supera di slancio i suoi “colleghi” andando direttamente dietro le linee nemiche. Come per le vicende di Gallardo, anche la storia di Camarena è vera e ovviamente è raccontata per filo e per segno su Wikipedia, quindi a voi la scelta sugli spoiler.

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Narcos: Mexico è una serie che non tradisce il marchio, ma anzi lo rilancia con uno spostamento geografico e narrativo. È una scelta che si dimostra vincente e che permette al mondo Narcos di diventare potenzialmente infinito. Anche perché in una delle prime puntate compare già un certo Chapo…

 



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