22 Febbraio 2019 7 commenti

PEN15 – Quanto fa schifo la scuola media di Marco Villa

Due trentenni che interpretano due tredicenni: se accettate questa forzatura, PEN15 potrebbe darvi soddisfazioni

Copertina, Pilot

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È importante essere d’accordo su alcune questioni basilari. Ad esempio sul fatto che Bohemian Rapsody non debba in alcun modo vincere l’Oscar e che la scuola media è il periodo peggiore della vita di un giovane essere umano. Se il primo assunto rischia di essere sbugiardato tra un paio di giorni, il secondo resisterà in eterno, perché è semplicemente insbugiardabile. Di solito viene accompagnato anche dalla fatidica frase: “È terribile soprattutto per i ragazzi, perché le ragazze maturano prima”. Ecco, se per voi questo concetto è altrettanto assodato, sappiate che potreste cambiare idea dopo la visione di qualche episodio di PEN15.

Rilasciata da Hulu l’8 febbraio, PEN15 è una serie creata da Maya Erskine, Anna Konkle e Sam Zvibleman. Le prime due interpretano le protagoniste, che hanno i loro stessi nomi ma – attenzione – hanno 13 anni. PEN15 è infatti ambientata negli anni 2000 in una scuola media statunitense. Ovviamente le due autrici-attrici non hanno 13 anni, ma sono over-30. E qui c’è il primo scoglio da superare, perché accettare che delle trentenni si calino in personaggi che hanno vent’anni meno di loro è dura, soprattutto se poi sono circondate da attori che sono veramente dei pre-adolescenti.

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Rispetto alle classiche serie teen, che vedono di norma come protagonisti dei ragazzini nerd e sfigati che vedono da lontano ragazze bellissime o comunque più belle di loro, PEN15 ribalta la situazione. Anna e Maya sono sfigatissime, nettamente meno mature delle loro compagne, sospese tra la voglia di continuare a giocare con i pupazzetti come fanno da anni e il desiderio di giocare a fare le adulte, tra prime birre bevute di nascosto e sigarette rubate che vengono trattate come totem. E sono molto sfigate anche rispetto ai coetanei maschi, non solo quelli che diventeranno i quarterback del liceo, ma anche quelli semplicemente normali, che finiranno tra qualche anno nel tavolo più isolato della mensa.

PEN15 affronta un’età particolare, che difficilmente viene trattata proprio per quanto è complicato avere solo dei ragazzini come protagonisti. Al di là di prodotti che vanno su canali dedicati a quella fascia di pubblico, l’unico titolo di questo tipo è The Inbetweeners, comedy inglese di qualche anno fa che puntava tutto proprio sull’assunto “i maschi di quell’età sono dei mostri”. Il passaggio a una coppia di ragazzine è una bella intuizione, così come quella di evitare di proporre due personaggi complessati e introversi, scegliendo invece due figure esageratamente positive e per questo sempre pronte a crollare nello sconforto, ma anche a riprendersi in poco tempo.

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Per riuscire a godersi tutto questo, però, bisogna accettare quello strano patto di cui parlavo in apertura, ovvero avere due protagoniste che, per quanto truccate e conciate, non sono minimamente credibili a livello fisico. È un patto, come accettare l’esistenza dei draghi. Se ci state, trovate una serie che sa essere demenziale e divertente, ma anche tenera e delicata. Un equilibrio complesso, ma sensato, che può offrire ottimi momenti, ma anche lunghe pause vuote.

Perché guardare PEN15: per il ribaltamento narrativo da maschile a femminile

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