13 Dicembre 2019 14 commenti

Vienna Blood – Psicoanalisi e omicidi di Marco Villa

Brit, Copertina, Pilot

Quando ho letto velocemente la sinossi di Vienna Blood, l’unica informazione che mi è rimasta in testa è stata: “Sigmund Freud che risolve omicidi”, con conseguente terrore per l’inconsistenza/livello di WTF dell’idea. Per fortuna avevo letto male e Vienna Blood non vede il buon Freud indagare su casi di omicidio, ma il legame comunque c’è, perché il personaggio principale della serie è un suo grande ammiratore e per primo cerca di applicare il rivoluzionario approccio freudiano alla criminologia.

Siamo a Vienna, agli inizi del ‘900: la città sta vivendo un’epoca di grande prosperità economica, artistica e culturale. È la Belle Epoque, l’ultimo periodo di benessere prima dei decenni di disperazione delle due guerre mondiali. A Vienna lavora il dottor Max Liebermann (Matthew Beard), giovane medico che è rimasto affascinato dalle teorie di Freud e che riesce in qualche modo a farsi piazzare al fianco dell’investigatore Oskar Rheinhardt (Jurgen Maurer) per vedere se quelle teorie possono aiutare a catturare criminali. Potete immaginare già l’andazzo tra i due: prima il poliziotto è diffidente, poi apertamente infastidito dai modi saccenti del medico, infine molto grato per il suo aiuto decisivo. Nel primo dei tre episodi trasmessi da BBC Two, la coppia inedita indaga sull’uccisione di una presunta medium, indagine che va a toccare alcuni potenti di Vienna e soprattutto fa emergere in modo esplicito quella vena di antisemitismo che sappiamo bene a cosa porterà. Max è infatti ebreo e questo ostacola ulteriormente il suo tentativo di accreditarsi in un mondo che non lo vuole.

Tratta da una serie di romanzi di Frank Tallis mai pubblicati in Italia, Vienna Blood ha l’impianto del giallo classico, con l’aggiunta di un’ambientazione affascinante e il tocco originale della nascita della psicoanalisi. Niente che non si sia già visto, da Sherlock in giù, compresa la dinamica poliziotto-genio incompreso, ma niente che non si possa rivedere per l’ennesima volta: la scrittura di Vienna Blood è solida e non stupisce che nel curriculum dell’autore Stephen Thompson ricorra più volte proprio Sherlock.

Non serve nemmeno dire che siamo lontani da quei livelli, altrimenti ci avreste già sentiti gridare al miracolo, ma date le premesse già ampiamente esplorate, Vienna Blood arriva a un risultato finale per nulla disprezzabile, viziato solo da una certa indulgenza verso la lentezza che avrebbe permesso di ridurre la durata delle puntate senza grossi traumi: la serie viaggia infatti sui 90 minuti a puntata (di nuovo modello Sherlock), ma manca di quei guizzi che giustificherebbero la pezzatura lunga. Certo, niente a che vedere con una serie con Sigmund Freud investigatore…

Perché guardare Vienna Blood: perché siete alla ricerca di un giallo solido

Perché mollare Vienna Blood: perché è classicissimo in tutto e per tutto

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