23 Dicembre 2020

Tiny Pretty Things – Netflix: perché è la serie più vista del momento? di Marco Villa

Un’accademia di danza, una trama crime e un bel po’ di sesso: Tiny Pretty Things è la serie più vista su Netflix

Pilot

Partiamo da un dato incontestabile: nel momento in cui scrivo, Tiny Pretty Things è al primo posto delle serie più viste in Italia su Netflix. Come sempre, Netflix non comunica il numero delle riproduzioni, ma un primo posto è pur sempre un primo posto, poco da dire. C’è molto da dire, invece, sulla serie, che parte come un classico titolo della categoria “giovani talenti che si scannano tra loro con toni drammatici” per poi aprirsi a dinamiche non così scontate. Non vuol dire che siano belle, però è già qualcosa.

Tiny Pretty Things è disponibile su Netflix dal 14 dicembre: una prima stagione di dieci episodi, quattro dei quali firmati dal creatore Michael McLennon (Queer As Folk). La serie è tratta dai libri young adult di Sona Charaipotra e Dhonielle Clayton ed è ambientata in una prestigiosa accademia di danza di Chicago. Uno di quei posti iper-competitivi, in cui tutti gli studenti cercano di avanzare ai danni dei loro compagni di corso: questo tipo di dinamica porta spesso alla tragedia e Tiny Pretty Things inizia con il volo della migliore allieva dal tetto della scuola.

Si è buttata? Incidente? L’hanno spinta? È l’incipit della sottotrama crime, con tanto di indagini da parte della polizia. La caduta della ragazza dà il via anche alla trama principale della serie, quella dedicata a Neveah (Kylie Jefferson), giovanissimo talento che viene prelevata da un quartiere popolare di Los Angeles e ammessa alla scuola con borsa di studio completa. Una mossa politica della scuola stessa, che cerca di usare il profilo e la storia di Neveah per non far parlare della tragedia di cui sopra.

Neveah è il classico personaggio-recluta che ci fa scoprire il mondo dell’accademia, dove tutto funziona da copione: regole durissime, insegnanti severi, estrema competizione tra gli alunni, sporadiche manifestazioni di solidarietà, rari afflati di amicizia. Non sto a entrare nei dettagli, sappiate solo che c’è l’allieva rivale ricchissima e problematica (Bette, interpretata da Casimere Jollette) e che ogni personaggio ha il suo bel fantasma che lo tormenta.

Fin qui niente di sorprendente. Per capire dove sta la parte interessante, bisogna tornare al titolo: le cose minuscole e graziose a cui si riferisce il titolo Tiny Pretty Things sono le ballerine e i ballerini stessi, per la precisione i loro corpi. Corpi che incarnano la perfezione della muscolatura, ma portano anche i segni di quel martirio laico a cui si sottopongono ogni giorno i personaggi. Un po’ quello che era alla base di Flesh and Bone (per chi se la ricorda) miniserie del 2015 ambientata nello stesso mondo di riferimento, che già dal titolo poneva il tema del corpo. Tiny Pretty Things fa un passo avanti, mettendo al centro anche il sesso, che nella serie è molto presente: ci sono scene d’amore pressoché in ogni puntate, girate come se fossero anch’esse parte di un balletto e fondamentali per raccontare come i personaggi procedono nella scoperta di sé. Protagonisti, di nuovo, i corpi, che vengono girati e rigirati e si snodano tra loro, sfruttando l’eccezionale elasticità degli interpreti, che ovviamente vengono tutti dal mondo della danza – e non potrebbe essere altrimenti.

Tiny Pretty Things ha una struttura classica da serie “talent” (passatemi il termine), cui aggiunge una sottotrama crime per aumentare ulteriormente la tensione e diverse sottotrame sexy per rendere ancora più appetibile il tutto. Un prodotto killer, una composizione che giustifica ampiamente quel primo posto in classifica, ma che non rende certo Tiny Pretty Things una serie da vedere a ogni costo. Anzi. Il discorso sul corpo e la direzione del cast in questo senso è l’elemento più interessante di Tiny Pretty Things, quello che può spingere a proseguire la visione, nonostante la durata degli episodi (sempre superiore ai 50 minuti) sia senza dubbio eccessiva. Si tratta comunque di un’annotazione che è figlia di uno piccolo sforzo interpretativo, per trovare qualcosa di davvero stimolante nella serie. Che fa il suo e lo fa a modo. Però è il suo: non il mio, magari nemmeno il vostro.

Perché guardare Tiny Pretty Things: per come viene posta al centro l’attenzione ai corpi del corpo di ballo (che sagace giuoco di parole)

Perché mollare Tiny Pretty Things: per la lunghezza insensata degli episodi

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