30 Marzo 2022

Minx – HBO Max: un po’ come Glow, ma con i giornali al posto del wrestling di Marco Villa

Anni ’70, California: l’unico modo per pubblicare una rivista femminista è riempirla di uomini nudi. Ecco Minx.

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Storie che possono essere il (finto) biopic elogiativo, la più classica delle mazzate ideologiche o una comedy che irride le altre due strade. Ad esempio: ragazza sveglia che negli anni ‘70 cerca di lanciare un magazine femminista in un panorama in cui le donne o sono nude sui paginoni centrali oppure sono le destinatarie di riviste piene di pubblicità di elettrodomestici e detersivi.

Ne converrete: una vicenda del genere si presta a diversi possibili toni e tagli. Il merito di Minx è di aver scelto la direzione della comedy e di averlo fatto con un certo sprezzo del pericolo. 

Creata dalla semisconosciuta Ellen Rapoport, Minx (su HBO Max dal 17 marzo) è un po’ una Glow con le riviste al posto del wrestling. Che detta così è la cosa meno interessante e sexy del mondo e invece no. Joyce (Ophelia Lovibond) è una ragazza californiana di buonissima famiglia: ha studiato ed è convinta che sia il momento giusto per lanciare una rivista dal titolo piuttosto esplicativo: The Matriarch Awakens, ovvero Il matriarcato si sveglia.

Joyce è sicura: non solo c’è bisogno a livello intellettuale di un giornale di questo tipo, ma c’è anche uno spazio nel mercato, che è lì che non aspetta altro. È l’unica a pensarlo, però, anche perché tutti gli editori a cui si rivolge sono uomini e tutt’altro che interessati all’argomento. Tutti tranne uno, forse il più improbabile di tutti: Doug Renetti (Jake Johnson), uno che pubblica una dozzina di riviste, per soddisfare tutte le passioni possibili in termini di nudo femminile, una trentina di anni prima delle categorie dei siti porno.

È lui ad avere l’intuizione: è vero, c’è spazio per una rivista rivolta a un pubblico femminile che non parli solo di ricette e gossip. Ma non deve essere una raccolta di saggi femministi. Tutt’altro: Joyce deve prendere i suoi messaggi e incapsularli all’interno di una rivista piena di uomini nudi.

Ecco Minx, che è il nome della rivista e che in inglese significa una cosa tipo “ragazzaccia”. Inizialmente Joyce è tutt’altro che entusiasta, ma capisce che Doug ha avuto l’intuizione vincente e quindi da brava ragazza studiosa si trasforma in esperta di casting di uomini nudi.

E i nudi ci sono tutti, perché i primi episodi di Minx segnano senza dubbio il record di peni nella storia della televisione. E di suo è già qualcosa. L’aspetto migliore, però, è che tutto quel nudo è inserito in una storia scritta benone, che fin da subito trova il ritmo adatto, ovvero quello di una comedy (volutamente) povera di battute, ma ricca di situazioni intelligenti. In apertura ho citato Glow, perché di fatto le storie sono quelle: donne all’ultima spiaggia che si uniscono per tentare un’impresa disperata.

Là erano le wrestler, qui sono personaggi che a vario titolo provano a mettere in piedi un giornale, a cominciare da Bambi (Jessica Lowe), che fino a quel momento si è limitata a posare nuda per le pagine delle riviste e ora inizia a farsi qualche domanda in più su quelle stesse riviste e in generale su tutta la propria esistenza.

Minx (nel senso del magazine) ovviamente farà scalpore, rivoluzionerà le vite di tutti e metterà in continuo confronto Joyce e Doug, due personaggi che rischiano lo stereotipo, ma sono tenuti ben vivi dai Lovibond e Johnson, che è semplicemente perfetto per la parte, con quello scazzo mascherato da cinismo (o viceversa) che da sempre si porta dietro.

Al netto di qualche piccola ingenuità, un’ottima partenza.

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