23 Novembre 2022

The Walking Dead series finale – La non-conclusione di una serie non-morta di Diego Castelli

The Walking Dead chiude dopo dieci stagioni e dodici anni, ma nel frattempo rilancia, esplode, si disperde

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ATTENZIONE! SPOILER SUL FINALE DI THE WALKING DEAD

Non ero sicuro di voler scrivere un pezzo sul finale di The Walking Dead (disponibile in Italia su Disney+), perché mi sembrava potesse essere inutilmente doloroso andare a spulciare le ultime battute di una serie che è stata certamente grande, ma che da ormai qualche anno si trascina in un quieto vivere fatto di trame riciclate, situazioni ripetute, e poca, pochissima capacità di incidere come nei tempi d’oro.

In realtà, però, è un finale che merita qualche ragionamento non tanto per il suo contenuto, quanto per il momento in cui arriva, le modalità della sua comunicazione, il ruolo che vuole assumere all’interno di una strategia commerciale successiva.
Strategia che, a guardarla oggi per come è stata presentata, lascia più di una perplessità, ma che potrebbe pure stupire.

Partiamo dal concreto.
The Walking Dead aveva debuttato il 31 ottobre del 2010, una vita fa, poco dopo la nascita di questo stesso sito.
Per diversi anni è stata una delle serie più viste al mondo, ha fatto registrare ad AMC ascolti paragonabili a quelli delle migliori serie di HBO, e ha contribuito, insieme ad altre pietre miliari come Mad Men o Breaking Bad, a rendere la stessa AMC un’attrice di primo piano nella grande giostra delle reti e delle piattaforme.

Dopo un po’, però, è arrivato l’invecchiamento. Potremmo discutere anche molto sull’identificazione di un punto preciso in cui The Walking Dead ha cominciato a non essere più così rilevante, artisticamente e commercialmente parlando, nella nostra vita seriale, e io sarei sicuramente uno di quelli che metterebbe il confine molto avanti, perché per anni, a mio giudizio, la serie è riuscita a rinnovare e rinnovarsi, trovando sempre nuovi modi per declinare il semplicissimo concept del “storia post-apocalittica con gli zombie”. Un successo facilitato, naturalmente, anche dal supporto fumettistico dell’opera originale di Robert Kirkman (che fra l’altro, in questi mesi e come una sorta di ulteriore simbolo del mesto finale, è in causa con AMC per certi mancati pagamenti legati allo sfruttamento delle sue idee).

Ma comunque la si metta, credo sia abbastanza innegabile che, a un certo punto, The Walking Dead ha cominciato a perdere molto peso nel discorso seriale collettivo, è stata sempre meno capace di intrattenere e stupire, ed è diventata una serie comunque valida dal punto di vista produttivo, ma infinitamente meno potente di quello che era agli inizi.

Il che non significa che l’ultimo episodio, andato in onda pochi giorni fa, non sia stato in grado di offrire qualche momento emozionante.
Per chi ha seguito la serie per tanti anni, per esempio, vedere Negan scusarsi per la morte di Glenn, e vedere Maggie riuscire se non a perdonarlo, almeno ad accettare il fatto che Negan abbia effettivamente diritto a stare al mondo e magari pure a starle nei paraggi, è stata una chiusura del cerchio capace di strappare qualche brivido. Soprattutto se si considera che tutto il tempo trascorso da quel fatto (passato per i personaggi, ma anche per noi) ha effettivamente reso credibile la redenzione di Negan, che ha l’invidiabile record di essere il cattivo più cattivo della serie (opinioni, ma ci siamo capiti) e anche uno dei suoi ultimi e (spoiler) futuri protagonisti.

Ma anche se prendiamo certi personaggi arrivati solo a serie già ampiamente iniziata, come Rosita e Eugene, c’è stato un po’ di retorica commovente che si potrebbe considerare troppo zuccherosa in qualunque altro caso, ma che tipicamente si lascia correre quando parliamo del finale di una serie da dieci stagioni.
La morte di Rosita, che non avviene improvvisamente ma a seguito di un morso zombiesco che le consente di assaporare qualche altro giorno di vita prima di arrendersi al (tuttora) misterioso morbo, è certamente un altro passaggio meritevole di qualche commozione, inserito nella cornice di un “lieto fine” in cui sembra che i nostri abbiano trovato effettivamente un po’ di pace.

E qui però arriviamo ad alcuni nodi fondamentali.
In termini di scelte narrative e di gestione di alcuni capisaldi filosofici della serie – che da sempre ragiona sulle caratteristiche fondamentali dell’umanità in quanto tale, messe a dura prova a una situazioni ai limiti dell’apocalisse – questo finale non riesce a trovare una vera quadratura del cerchio.

Negli ultimi anni (ma forse fin dall’inizio) The Walking Dead non è mai riuscita a offrire qualcosa di realmente diverso dal ciclo “Troviamo un po’ di serenità – Arrivano altri sopravvissuti a togliercela – Troviamo un po’ di serenità”, in un loop infinito che non è stato spezzato nemmeno da questo finale.
Non abbiamo la percezione che i protagonisti abbiano davvero risolto tutti i loro problemi, ma semplicemente che abbiano trovato l’ennesima pace provvisoria in un posto provvisorio, in attesa che arrivi altra gente a (ri)portare il caos.

È una scelta inevitabilmente un po’ loffia nell’economia della serie, che ci strappa un “ah ok, vabbè” senza poter spendere chissà quali applausi, ma che diventa anche la base per quella che è la vera cifra di questo finale, a partire da quelle ultime scene in cui rivediamo Michonne e Rick, che in un finale “vero” avrebbero certamente potuto ricongiungersi coi figli (sapete che manco mi ricordo più i motivi per cui erano andati via? Giuro…).
Con questo episodio è terminata The Walking Dead, ma il suo cadavere già abbastanza putrefatto è ulteriormente esploso per dar vita a nuovi prolungamenti del franchise che vedranno la luce nei prossimi mesi.

Sono ben tre le nuove serie annunciate al termine dell’episodio, con una fretta che pareva volerci trattenere per la giacchetta, non andate via vi prego perché abbiamo altra roba da darvi.
Dead City sarà il primo spinoff ad arrivare, e avrà per protagonisti proprio Negan e Maggie. Poi arriveranno anche Daryl Dixon e Rick & Michonne, i cui titoli sono abbastanza didascalici da non richiedere ulteriore spiegazione.

Insomma, se The Walking Dead era stata fin dall’inizio una serie espressamente corale, in cui la protagonista vera sembrava l’umanità tutta (o quello che ne rimaneva), la fine della serie comporta anche un cambio di rotta, nell’ottica di uno sfruttamento commerciale più specifico di alcuni dei personaggi che, nel corso negli anni, si sono rivelati i più amati dai fan.

E se è vero che quei personaggi sono effettivamente molto amati, così come è vero che almeno una di queste serie (quella dedicata a Rick e Michonne) promette di chiudere una vicenda che effettivamente è rimasta aperta, è altrettanto vero che, per un normale spettatore di The Walking Dead che è arrivato alla fine della corsa col fiatone, vedersi sparare in faccia altre tre serie, con “l’obbligo” quindi di restare ancora lì, a strisciare come uno zombie senza poter morire, non ha avuto l’effetto entusiasmante che AMC si aspettava.

C’è poi un altro tema, legato alle modalità comunicative di queste nuove estensioni, che tradisce i timori di AMC.
Che queste tre serie fossero in arrivo si sapeva già. La rete aveva comunicato con particolare cura soprattutto la futura comparsa degli spinoff dedicati a Negan, Maggie e Daryl.

L’intento, palesemente, era quello di comunicare la volontà di continuare a investire sul franchise, di rilanciare prima ancora di aver finito la serie precedente, di dare un senso di continuità alla community di appassionati, e via dicendo.

Un risultato poco gradito, però, era stato anche quello di spoilerare almeno in parte il finale di The Walking Dead, dichiarando senza pensarci due volte quali personaggi sarebbero sicuramente sopravvissuti all’ultimo episodio, perché destinati a diventare protagonisti di altri spinoff.
Per una serie che non si era mai fatta troppi problemi a uccidere i suoi protagonisti, e che anzi aveva trovato alcune delle sue vette più alte proprio nella suspense legata al non sapere chi sarebbe sopravvissuto e chi no (e la mente corre, di nuovo, alla mazza da baseball di Negan pronta a calare su uno qualunque dei crani ben disposti di fronte a lei), un finale di questo tipo non può che uscire enormemente depotenziato.

Ci troviamo dunque di fronte a una situazione paradossale.
Da una parte una produzione che vuol dirci in tutte le salse che la storia non è finita, e che anzi andrà avanti e si potenzierà. Dall’altra la sensazione inevitabile che quella stessa produzione abbia mancato di rispetto (per fretta, per voracità, per timore di essere rapidamente dimenticata) proprio al marchio centrale di questo universo zombiesco che si vuole costruire e che in parte si era già espanso con Fear The Walking Dead e World Beyond.

In realtà, è difficile essere davvero delusi da questo finale, non tanto o non solo perché è comunque un episodio abbastanza buono, ma semplicemente perché è ormai qualche anno che non riconosciamo più a The Walking Dead la capacità di sconvolgerci il cervello, e quindi che il finale non sia così memorabile è qualcosa con cui, anche solo inconsciamente, eravamo già venuti a patti da tempo.

A fronte del trattamento operato da AMC, però, non riusciamo nemmeno a essere particolarmente gasati da quello che sta per arrivare.
La vita televisiva di The Walking Dead ci sembra ormai finita, e facciamo fatica a comprendere la necessità di questo accanimento terapeutico.

Una piccola speranza comunque c’è: l’operazione di “concentrazione” sui personaggi più amati potrebbe effettivamente servire a scremare un po’ di tutto quello che, in questi anni, era parso meno interessante. Né si può negare che, dopo anni di assenza, rivedere Rick e Michonne in uno show apparentemente molto crudo e oscuro, un po’ di curiosità la lasci.

Resta però il fatto di essere arrivati molto, molto stancamente alla fine di una serie, e questi ora ce ne propongono altre tre con la stessa gente.
Cioè, lasciateci respirare un attimo, no?
Ad ogni modo ne riparleremo.

Per ora limitiamoci a salutare The Walking Dead in quanto tale. Non eravamo più amici come un tempo, ma è un fatto che per tanti anni ci ha fatto appassionare come poche altre serie.
Diamo agli zombie quello che è degli zombie.

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