21 Luglio 2023

Justified: City Primeval – Concedetemi un esperimento di Diego Castelli

Ho visto il seguito di Justified senza aver visto Justified. Ma niente paura, è andata bene lo stesso.

Pilot

In pura teoria non avrebbe dovuto esserci un articolo dedicato a Justified: City Primeval, la serie di FX (in arrivo anche in Italia su Disney+ il 6 settembre) che funge da seguito dell’amatissima Justified e vede il ritorno di Timothy Olyphant nei panni dello U.S. Marshal Raylan Givens.
E questo per un motivo molto semplice: in pratica non ho mai visto Justified, perché a conti fatti ho guardato solo 4-5 episodi su 78.

Parlandone col Villa nell’ultima puntata di Salta Intro+, però, abbiamo ragionato sul fatto che, con ogni probabilità, gli autori della nuova serie avrebbero cercato di renderla digeribile anche a chi non aveva mai guardato l’originale, per una banale questione di strategia commerciale.
Quale migliore occasione, dunque, per entrare nel mondo di Justified dalla porta di servizio, magari per lasciarsi ispirare a un recuperone?
(Fra parentesi, proprio in previsione dell’arrivo di City Primeval, Disney+ ha reso disponibile tutta la serie originale)

Ovviamente, nelle righe che seguono io non saprò dirvi quanto questa nuova serie sia fedele a quella vecchia. Non saprò dirvi se è meglio o peggio dell’originale. Non saprò cogliere gli specifici riferimenti alle puntate di dieci anni fa, e potrei incappare in qualche ingenuità nella descrizione di questo o quel personaggio.
Spero mi perdonerete, ma alla fine ho deciso di scrivere lo stesso la recensione perché, in effetti, questi due episodi Justified: City Primeval te la fanno venire eccome la voglia di un recuperone!

Due informazioni di contesto. Come detto, la nuova serie ripropone il personaggio di Raylan Givens, che in originale veniva spostato da Miami alla sua città natale sperduta nella campagnella, e che ora finisce a seguire un caso a Detroit. E lo fa, perdonate il gioco di parole, per caso, semplicemente perché una serie di eventi concatenati (un incidente d’auto, poi una testimonianza davanti a un giudice, poi un duplice omicidio) lo distoglie da quello che era il suo obiettivo principale, cioè portare la figlia quindicenne a una specie di campo estivo per ragazzi con qualche problemino di disciplina.

(Giusto per aprire un’altra parentesi, la figlia di Raylan è per l’appunto un personaggio di cui non conosco la genesi: c’era già in Justified? È data durante la serie? L’abbiamo vista piccina? Tutte domande a cui non so rispondere.)

Una nota importante riguarda l’aspetto autoriale della serie.
Justified era stata creata da Graham Yost, che però non partecipa alla realizzazione del seguito per via (immagino) del suo accordo con Apple TV+: è infatti il creatore di Silo e fra i produttori di Slow Horses.
Al suo posto ci sono Dave Andron e Michael Dinner, che erano già stati produttori della prima Justified, e che ora ripropongono la stessa formula, con l’adattamento di uno dei quattro romanzi di Elmore Leonard in cui compare il nostro Raylan Givens (la serie originale era basata in particolare su Fire in the Hole, mentre City Primeval prende le mosse soprattutto da City Primeval: High Noon in Detroit).
Insomma, gente che dovrebbe aver imparato qualcosa.

Considerando che la serie non è ancora uscita in Italia, evitiamo troppi spoiler.
Detto questo, e come accennato all’inizio, Justified: City Primeval propone un nuovo caso e una nuova città a Raylan Givens, che avrà il suo da fare con un nuovo, pericoloso cattivo, e dovrà nel frattempo evitare che la figlia finisca nei guai.

Possiamo comunque dirci senza paura di sbagliare che anche questo seguito si infila nel solco tracciato dall’originale, quello di un neo-western in cui l’elemento crime, poliziesco e investigativo (comunque molto presente) non supera mai una certa soglia, rimanendo un passo indietro alla rappresentazione di un uomo di legge che, cappello da cowboy e pistola alla fondina, deve prima di tutto preoccuparsi di spargere ovunque carisma e virilità.

Questo è un punto su cui non posso proporvi un preciso paragone con l’originale, ma non mi sembra di fare un azzardo troppo grosso se dico che Justified è esattamente questa cosa qui: nelle due puntate finora andate in onda negli Stati Uniti vediamo effettivamente lo sviluppo di un caso poliziesco-legale, ma il fulcro non è certo “scoprire chi è stato” (visto che lo sappiamo benissimo), quanto piuttosto costruire la tensione fra un Bene e un Male che vengono debitamente delineati e misurati, per poi essere avvicinati fino all’inevitabile scontro, che sia una sparatoria, una caccia all’uomo, una scazzottata e così via.

Raylan Givens lavora sì come un detective, uno che coglie indizi e interroga sospettati con la bravura e l’intelligenza che ci aspettiamo da un personaggio del genere. Ma è anche uno che sembra sempre pronto a un duello vecchia maniera, uno che sa di doversi tenere sempre pronto all’azione.

Come speravo al momento di premere play, Justified: City Primeval non chiede allo spettatore un’eccessiva conoscenza dell’originale.
Al netto di piccoli e grandi riferimenti che posso non aver colto, la trama giallo-western è completamente originale, e semplicemente consiste nel prendere un personaggio già esistente e calarlo dentro una storia nuova. Non è dunque un caso, a meno che non mi sia sbagliato nel raccogliere le informazioni, che non ci sia alcun altro ritorno dalla vecchia serie, a parte il protagonista.

E per quanto riguarda quel personaggio, beh, l’intento è quello di ri-presentarcelo per quelle che sono le sue caratteristiche principali. Su tutte un certo compassato aplomb, la sicurezza di chi sa fare bene il suo mestiere, di chi conosce alla perfezione le dinamiche di un certo mondo criminale, e infine di chi ha scelto un certo approccio verso la vita, in cui ci si agita lo stretto indispensabile per ottenere il massimo risultato.

Magistrale, a questo scopo, la descrizione del rapporto con alcuni membri particolarmente agitati della polizia di Detroit, al confronto dei quali Raylan appare immediatamente come quello di cui ci dobbiamo fidare, perché uno così elegantemente figo e sempre padrone della situazione non può che essere l’eroe a cui aggrapparsi stringendo forte.

In questo senso, City Primeval è scientemente e orgogliosamente basica. I buoni sono buoni di cui ci si può fidare, i cattivi sono cattivi di cui avere davvero paura (per lo meno “il” cattivo della stagione).
Anche questo fa parte dell’anima western della serie, e il paradosso è che suona particolarmente fresca e originale in un momento storico in cui le serie (quanto meno le serie di rilievo, quelle da consigliare agli amici, quelle che possono spingerti a pagare un abbonamento) tendono invece a essere più sfumate, più a metà strada, più interessate a cogliere il Male nel Bene e il Bene nel Male (pensiamo anche a titoli da HBO come Succession o House of The Dragon, dove definire con precisione buoni e cattivi non è certo semplice).

Non sono così certo che la Justified originale non avesse più chiaroscuri, anzi sono quasi sicuro che li avesse, almeno su qualche personaggio e su sei intere stagioni.
Ma il succo dell’impostazione western è questo qui: darci un uomo di legge su cui possiamo permetterci di non nutrire alcun dubbio, e lasciare che riporti l’ordine in un mondo altrimenti caotico e imprevedibile.

L’intrattenimento, in Justified: City Primeval, non viene dalla presentazione di un universo eccessivamente complesso, o dalle complicate pieghe di un’indagine poliziesca. Viene dallo sviluppo di una trama che lascia poco spazio ai fronzoli, una storia di sguardi intensi e frasi ad effetto, di tensione morale e violenza mai ecccessiva ma sempre possibile. Una storia semplice, dritta, in cui possiamo abbandonarci alla gioia di guardare personaggi pieni di forza, intelligenza e carisma, in cui c’è pure spazio per qualche momento di ironia (e questa me la ricordo, in quei pochissimi episodi che vidi all’epoca, specie in certi criminali “di provincia”, spesso goffi o ingenui).

E parlando di carisma, non posso che chiudere con Timothy Olyphant.
Con un grigio nei capelli che, se possibile, aumenta ancora di più il suo fascino, Olyphant era e resta perfetto per questa parte. Il paradosso, ma forse nemmeno così paradosso, è che ha una faccia che andrebbe bene anche per un cattivo, perché in quell’espressione ambigua ha un che di luciferino.
Ma il bello è proprio questo: uno U.S Marshal che non può sembrare un prete, perché ha a che fare con il Male e la violenza, ma che allo stesso tempo deve darci l’idea di poterci fidare di lui.

Nella sua figura magra e apparentemente lenta, Olyphant restituisce il senso di un eroe crepuscolare, che sembra uscito da un’altra epoca, e che dà sempre l’impressione di averne viste abbastanza da non stupirsi più di niente. Uno che i casini prova a risolverli con lo sguardo, altrimenti con le parole, altrimenti con la violenza, in una serie di tappe nelle quali è sempre il più preparato di tutti (e in cui, francamente, sembra pure divertirsi abbastanza).

Insomma, sono due episodi che colpiscono nel segno, e che danno l’idea, nonostante l’addio del creatore originale, di sapere esattamente cosa stanno raccontando, con chi e a chi.
E a questo punto, cazzarola, quei 78 episodi di Justified, arrivati così comodi su Disney+, sono un “prequel” che è proprio difficile ignorare…

Perché seguire Justified: City Primeval: perché trasuda carisma anche se non conoscete la Justified originale.
Perché mollare Justified: Cuty Primeval: in nome della sua anima western rinuncia a certe sfumature da serie d’autore contemporanea.



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