5 Gennaio 2015 10 commenti

Ascension – La fantascienza dignitosa e basta di Diego Castelli

Una miniserie con buone possibilità ma col fiato un po’ corto

Copertina Pilot, Pilot

Ascension

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SyFy è la rete di Battlestar Galactica (versione 2004), e di questo le saremo sempre grati. Il problema, per SyFy, è che con Battlestar ha posizionato l’asticella davvero molto in alto, rendendo il salto particolarmente spaventoso per qualunque nuovo concorrente.

Ed è con questa consapevolezza – capace di generare insieme aspettativa, diffidenza e compassione – che mi sono avvicinato ad Ascension, recente miniserie in sei parti (o tre da novanta minuti) che con Battlestar condivide almeno tre cose: l’anima puramente fantascientifica (al contrario di altre recenti produzioni della rete come Z Nation o Dominion); la presenza di Tricia Helfer (mitica Number Six di Galactica); il formato iniziale di miniserie, che però potrebbe diventare un telefilm di più lungo corso qualora la rete lo ritenesse vantaggioso.

Alla fine dei sei episodi devo dire che Ascension non è per niente al livello di Battlestar Galactica, ma in nome di quella doverosa compassione bisogna concederle l’onore delle armi.
La storia – scritta e prodotta da Philip Levens – racconta di una segretissima missione datata 1963 con cui il Presidente Kennedy mandò nello spazio centinaia di uomini, donne e bambini, allo scopo di preservare la specie umana in caso di catastrofica guerra nucleare con l’unione sovietica. La serie, ambientata ai giorni nostri, racconta dei discendenti di quei primi coloni, figli delle stelle nati e cresciuti a bordo della nave e senza più alcun contatto con la Terra, diretti verso Proxima Centauri intorno alla quale dovrebbe trovarsi un qualche pianeta abitabile.
Il problema è che la trama si complica già alla fine del primo episodio, mostrando che la missione è forse diversa da ciò che sembra.

E purtroppo da qui in poi devo spoilerare, almeno sul primo episodio. Se non volete leggere spoiler andate direttamente al perché seguirla e perché mollarla, giù in fondo.

Quindi vado con gli spoiler eh.

Vado.

Tre due uno via.

Tricia Ascension

Insomma, già alla fine della prima puntata si scopre che in realtà la missione non esiste, che i coloni non sono mai partiti, e che “semplicemente” fanno parte del più grande esperimento socio-antropologico mai concepito, diretto non solo a vedere cosa combina una generazione di persone nate in cattività e all’oscuro di tutto quello che le circonda, ma anche a valutare la nascita di qualcosa di nuovo e misterioso che, da quella specie di campana di vetro, potrebbe cambiare le sorti dell’umanità.
Diciamolo dai: il concept di Ascension è figo. È figo perché riesce a mettere insieme tanti spunti diversi e tutti affascinanti: dall’esplorazione spaziale (almeno percepita), al complottismo tipico di questi anni, passando per certo voyeurismo da Grande Fratello (perché i coloni sono inconsapevolmente spiati dagli scienziati fuori dalla nave).

Se non riesce a tenere il livello di Battlestar Galactica, il problema sta dunque più a valle, in una messa in scena non sempre impeccabile. Senza che ci siano incredibili cadute di stile, allo stesso tempo Ascension non riesce a stupire più di tanto per arguzia dei dialoghi o abilità recitative. Anzi, a me sto fatto di vedere Brian Van Holt in una parte seria (lui che era l’ex marito idiotissimo di Courteney Cox in Cougar Town) proprio non va giù.
A questa generale “normalità” fa da contraltare qualche buona idea più specifica, relativa alla vita sulla nave e ai riti collettivi che i coloni hanno sviluppato in tanti anni di solitudine. Parte dell’interesse per le storie di questo tipo risiede anche nel vedere come gli sceneggiatori di turno hanno immaginato mondi o società molto distanti dalla nostra o, meglio ancora, molto simili a noi ma diverse in qualche fondamentale dettaglio. In questo senso Ascension riesce a creare diverse situazioni interessanti, anche se sembrano sempre dettagli accessori rispetto a una trama che di base rimane un mistery-drama dalle dinamiche abbastanza classiche.

Da questo punto di vista c’è ovviamente spazio per un po’ di tutto: fuori dall’astronave ci sono intrighi politici e sotterfugi vari, mentre a bordo intrighi molto simili (con morti al seguito) si aggiungono al fatto che la gente pensa di essere da sola nello spazio, con conseguenti paure, domande filosofiche, e una carica ormonale degna del miglior (o peggior) teen drama. Scopano tutti, in Ascension, e tutti con tutti. Inevitabile che la cosa crei qualche attrito…
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Ascension (4)

Ovviamente, e lo dico a conclusione, non ho parlato di verosimiglianza, realismo e altre simili menate. No, Ascension non è una serie verosimile, e se vi mettete a fare le pulci scientifiche a una serie del genere tanto vale non vederla, vi farebbe venire il sangue amaro. Ma personalmente io ritengo che una serie che ha il “fanta” nella descrizione vada giudicata per la sua coerenza interna, non per la coerenza con un mondo reale con cui, evidentemente, ha poco a che spartire. Se ragionassimo così non solo non esisterebbe la fantascienza, ma nemmeno una qualunque scazzottata in un qualunque telefilm d’azione, dove essere colpiti da un pugno significa solo essere vagamente storditi per qualche secondo.
Se siete tra le persone che riescono ad avere questo approccio meno cinico e più fanciullesco, allora Ascension merita un po’ di attenzione, perché le quattro ore e mezza scorrono via con buona piacevolezza, anche a prescindere dal fatto che diventerà o meno una serie vera (cosa che, al momento in cui scrivo queste righe, è ancora in dubbio).

Perché seguirla: per il concept originale e molto ricco, e perché comunque scorre via senza annoiare.
Perché mollarla: le aspirazioni sono altissime, la realizzazione un po’ meno, cosa che gli appassionati di fantascienza noteranno abbastanza presto.
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Ascension (2)



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