17 Giugno 2021

Anne Boleyn – Troppo mediocre per indignare davvero di Marco Villa

Anne Boleyn è una serie decisamente mediocre, di cui si parla per un unico motivo: la regina è interpretata da un’attrice nera

Brit, Pilot

Da zero a cento, quanto è il vostro livello di interesse per una serie su Anna Bolena che esce nella calda estate dell’anno 2021 di nostro signore? Ecco, a parte quei tre là in fondo che stanno biennalizzando l’esame di “Teorie e Tecniche della Corona britannica da Re Artù a Lilibet”, posso ben comprendere la risposta di tutti gli altri. Certo, tutto cambia se si è di fronte a una produzione superlativa, in cui tutto scintilla o a una rilettura che ribalta il tavolo e sfida in modo audacissimo la verità storica. No, niente di tutto questo. Anne Boleyn, miniserie in tre puntata andata in onda in Inghilterra su Channel 5, ha l’aspetto delle produzioni medio-basse della fiction italiana, una messa in scena da filodrammatica dell’oratorio e nessuna invenzione di scrittura. Certo, c’è un elefante enorme nella stanza, ma su quello ci arriviamo tra poco.

La storia non serve raccontarla nei dettagli: Anna Bolena è una delle settordici mogli di Enrico VIII, monarca inglese passato alla storia come sanguinario uxoricida. Anna Bolena farà un bruttissima fine e le tre puntate della serie ci raccontano la sua caduta: da regina maestra di intrighi di palazzo, che porta in grembo un bimbo che si spera sia maschio per dare un tanto agognato erede al re, fino alla decapitazione nell’arco di pochi mesi. Un esito terribile, dovuto a un aborto spontaneo che viene interpretato dal re come incapacità di dargli un figlio maschio. Seguono accuse e processi per lei e per parenti e amici, che terminano con una schiera di esecuzioni. Quella di Anna Bolena è una vicenda storicamente importante, non solo per i suoi risvolti tragici che la fissano nella memoria collettiva nei secoli a venire, ma anche per i risvolti politici: il suo matrimonio con il re è stato il casus belli che ha dato il via allo scisma anglicano, quello che ha portato alla separazione definitiva tra Londra e Roma. Fine del bigino, giusto per provare a giustificare il perché abbia ancora senso raccontare questa storia a quasi sei secoli di distanza.

Come si accennava in precedenza, però, in Anne Boleyn niente è all’altezza delle aspettative. Bastano pochi minuti per rendersi conto della povertà produttiva: tutte le scene sono di impianto teatrale scarno, che fa tanto teatro di provincia, senza riuscire a essere minimali. Sono semplicemente povere, dei fondi che non danno smalto a ciò che accade, ma che anzi vanno a complicare il lavoro di una regia che fatica letteralmente a posizionare gli attori in scena. Alla grandiosità di serie come Bridgerton o The Great, ma anche alla Caterina The Great con Helen Mirren, Anne Boleyn prova a rispondere con tagliando ogni orpello, ma senza avere la forza di reggere il confronto con narrazione e messa in scena. Il risultato è una fiction media italiana, in cui nulla si fa notare se non la sciatteria.

Arriviamo però all’elefante nella stanza, al motivo per cui di questa serie si è parlato tanto nei mesi che l’hanno preceduta. Anna Bolena è interpretata da Jodie Turner-Smith, che in tv abbiamo già visto in The Last Ship e Jett. Turner-Smith offre una buona interpretazione, ma il motivo per cui si è parlato di lei è che ha la pelle nera. Ovvero: il casting di Anne Boleyn ha deciso di scritturare un’attrice nera per interpretare un personaggio storico realmente esistito, che aveva la pelle bianca e che anzi era la quintessenza della pelle bianca, trattandosi di una aristocratica europea del ‘500, arrivata a sposare uno degli uomini più potenti dell’epoca. Secondo alcuni si tratta di blind casting, ovvero scegliamo un’attrice perché è giusta per la parte, al di là del colore della sua pelle. In realtà, come già per Bridgerton e gli aristocratici neri che affollavano quella corte, la scelta è tutt’altro che blind. Ne avevamo già parlato in una puntata del nostro podcast SALTA INTRO: scegliere un’attrice non bianca per un ruolo dichiaratamente bianco è una scelta chiara e consapevole. Che i più ottimisti potrebbero definire politica e i più cinici chiamerebbero opportunistica. 

Rispetto a Bridgerton, però, qui c’è un passo ulteriore: Anna Bolena è esistita ed era bianca, non è un personaggio di finzione. Cambiarle il colore della pelle significa compiere un piccolo falso storico, che in un certo senso va a sconfessare tutto l’impianto della serie. Anche perché il blind casting di cui sopra non riguarda solo Jodie Turner-Smith, ma anche Paapa Essiedu, che interpreta George, il fratello di Anna. Facendo uno + uno, salta quindi fuori che non si tratta di una scelta legata a un personaggio, ma dell’effettiva riscrittura dell’intera famiglia Bolena, che viene reinventata come famiglia aristocratica di pelle nera. Per quale motivo? Francamente fatichiamo a trovarlo senza essere maliziosi, anche perché una scelta così di rottura non è in alcun modo sostenuta dalla serie, che si impantana in una assoluta mediocrità. 

Per dirla in un altro modo: senza questa scelta di casting, nessuno avrebbe mai degnato della minima attenzione Anne Boleyn, che si sarebbe persa tra le tante serie inglesi che vengono prodotte ogni anno e di fatto non escono dai confini del Regno Unito. Invece siamo qui a parlarne e dedichiamo ad Anne Boleyn anche una nuova puntata del nostro podcast. Qualcosa vorrà pur dire.

Perché guardare Anne Boleyn: per farsi ancora più domande sul blind casting

Perché mollare Anne Boleyn: perché è di una mediocrità imbarazzante

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