26 Giugno 2012 7 commenti

The Newsroom – Prima puntata della nuova serie di Aaron Sorkin di Marco Villa

Vedi alla voce partenza a bomba

Copertina, Pilot

L’ho detto, ridetto e ripetuto fino ad annoiarmi da solo, ma lo dico un’altra volta. Io con Aaron Sorkin non sono molto obiettivo. Il motivo è presto detto: The West Wing è un capolavoro, Sports Night quello che si potrebbe definire un gioiellino sottovalutato, Studio 60 comunque una signora serie. Per non parlare dei suoi film. E il fatto di non essere obiettivo è testimoniato anche dal conto alla rovescia fatto da mesi (sì, mesi) per questo primo episodio di The Newsroom. E nessun timore aveva provocato la recensione-stroncatura del New Yorker, come già scritto nel pezzo sul finale di Girls. Se l’accusa a The Newsroom è di essere una serie troppo stile Aaron Sorkin, beh, sappiate che Serial Minds prende questa accusa e la fa diventare una bandiera. Sì, The Newsroom è quella roba lì. Ma, dio santo, quella roba lì è una figata.

The Newsroom racconta quello che succede nella redazione di News Night, un programma televisivo di approfondimento. A condurlo è Will McAvoy, talento puro e poco tatto. Durante un incontro in un’università, McAvoy sbrocca e dice chiaro e tondo che l’America non è the greatest country in the world. Ciao, fucilato, mandato in vacanza e mezzo silurato dalla rete. In lui continua a credere il suo capo storico e un pugno di giovani giornalisti, mentre il grosso dello staff passa a un altro programma. Quel pugno di giovani giornalisti sarà il centro della serie, il nucleo di personaggi di cui, nel giro di poche decine di minuti, tutti vorremo far parte.

Perché la bravura del Sorkin televisivo è sempre stata una sola in fondo, quella di saper creare luoghi di lavoro da sogno. Pieni di idealismo, di gente che fa la cosa giusta sempre e solo perché sa che quella è la cosa giusta. Non si scappa nemmeno in questo caso e tutto il primo episodio è un crescendo di potenza narrativa ed emozionale, che raggiunge l’apice nella sequenza a mille in cui viene messa in piedi la puntata del giorno. Puntata del giorno che si occupa del disastro ambientale del Golfo del Messico di un paio di anni fa, quello del petrolio. Sì, perché The Newsroom parlerà di fatti veri, accaduti poco tempo fa, giusto per aggiungere ulteriore pathos e potenziali brividoni allo spettatore.

Ma per quanto mi riguarda, ricollegandomi a quel feticisimo sorkiniano ampiamento dichiarato in apertura, la cosa più bella è trovare in The Newsroom tutto quello che rendeva da applausi le serie precedenti. Sia a livello narrativo e di messa in scena (inevitabile il walk and talk, anche se la struttura ampia e quasi circolare della redazione lo rende poco utilizzabile), sia a livello di dialoghi, sia a livello di situazioni e semplici rimandi. La sigla è The West Wing allo stato puro, così come lo snocciolamento di numeri e dati, le dinamiche tra i “sottoposti” (in particolare Jim e Maggie) è presa di peso da Sports Night, l’incipit con lo sfogo del protagonista riprende in modo quasi identico quello di Studio 60. E il fatto è che tutto questo si incastra a meraviglia: la redazione di un programma di news sembra essere il luogo perfetto per riunire tutti gli elementi che hanno reso i lavori televisivi di Sorkin qualcosa di importante e memorabile, al di là dei risultati raggiunti.

Ecco, quindi, che The Newsroom parte non bene, ma benissimo. In costante crescita dal primo all’ultimo minuto, già in grado di porre dei binari solidi per le storyline che verranno e già dotato della forza evocativa per poter far sì che quei binari siano in fondo classici, quasi ovvi. Eppure comunque in grado di dare scosse emotive potenti. L’aggettivo classico non l’ho usato a caso: la scrittura di Sorkin ormai è questo, a livello televisivo. Qualcosa che ti aspetti, qualcosa che pretendi e che, per la sua qualità, ha sempre la meglio. Perché sì, è quella roba lì. Ma porca troia, che roba non è quella roba lì?



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