20 Marzo 2013 3 commenti

Broadchurch – Un’altro poliziesco inglese non da poco di Marco Villa

Regazzini ammazzati e ammazzanti. Alè.

Brit, Copertina, Pilot

Vi ho parlato settimana scorsa di Mayday, presentandovelo come un The Killing versione inglese. Nei commenti o su Facebook, qualcuno rispose indicando Broadchurch (in onda su ITV dal 4 marzo) come serie sullo stesso filone. Vi annuncio con piacere che abbiamo una community e dei commentatori che sono decisamente sul pezzo, altro che quelli di Beppe Grillo. Quel commentatore aveva più che ragione, anche se la storia è completamente diversa.

Siamo a Broadchurch, fittizio paesino sulla costa inglese. Un paese in stile Cabot Cove della signora Fletcher, ma senza ecatombe di abitanti a ogni passaggio televisivo. A Broadchurch, infatti, non succede mai niente e anche la poliziotta capa è abituata giusto a tenere a bada qualche testa tiepida. Di colpo, però, viene trovato il cadavere di un ragazzino sulla spiaggia. Insieme a un collega catapultato dalla città e con alle spalle esperienze complicate, la poliziotta capa dovrà risolvere il delitto.

Semplice, fine. Whodunnit duro e puro. Una serie dedicata esclusivamente a un caso di omicidio e quindi votata a una totale orizzontalità. In realtà questo è l’unico punto di contatto con The Killing, visto che, per il resto, si va in tutt’altra direzione. Come e più che in Mayday, la dimensione in cui vive la serie è quella di un paesino in cui tutti si conoscono e in cui la macrostoria della città è semplicemente una somma e un incrocio delle storie dei singoli. Esemplare, in questo senso, il pianosequenza iniziale in cui il padre della vittima cammina per il paese e scambia due parole con tutti quelli che incontra, in una sorta di presentazione lampo di quelli che saranno presumibilmente non solo i personaggi principali coinvolti nella faccenda, ma anche i possibili sospettati.

La sensazione, infatti, è quella che in ogni puntata venga proposto un possibile assassino, in una logica che ricorda più un epico cagatone come Harper’s Island, che The Killing, pur senza le millemila uccisioni dell’isola. Come per Harper’s Island, del resto, nemmeno gli attori sapevano chi fosse l’assassino, in un giochino che fa tanto la gioia dei comunicati stampa.

Se per una volta la fotografia, per quanto curata, non spicca come abitualmente accade per le serie inglesi, la regia si difende più che bene, con il pianosequenza già citato e alcuni movimenti di macchina notevoli, soprattutto legati alla vista a strapiombo della scogliera dove avviene il fattaccio. Più che buone, invece, le interpretazioni degli attori. Il più noto è David Tennnant, già Doctor Who, che indossa a inizio puntata l’espressione da “dio quante ne ho passate, ma ritornerò grande, si io ritornerò” e non se la leva più. Monoespressivo, ma efficace. Molto meglio Olivia Colman nella parte di Ellie, poliziotta emotiva e instabile, che bilancia la glacialità del suo collega con pianti e una sottilissima vena comedy.

Se la trama non è nulla di nuovo, Broadchurch ha comunque più di un motivo d’interesse: la narrazione procede infatti di piccole tensioni in piccole tensioni, con il macrodramma della morte di un bambino sullo sfondo. Il finale di episodio, poi, lascia intravedere possibili sviluppi legati ad altri bambini coinvolti. Giuro, datemi ragazzini assassini e vi amerò per sempre.

Perché seguirlo: perché è un whodunnit classico che funziona sempre

Perché mollarlo: perché avete già The Kiling e pure Mayday. Anche basta.

 



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