28 Febbraio 2019 11 commenti

Doom Patrol – Approvato anche lo spinoff di Titans di Diego Castelli

Supereroi che sono più freaks, poteri che sono più condanne

Copertina, Pilot

Doom Patrol (4)

Ormai, quando c’è da recensire una nuova serie di supereroi, pure io che apprezzo il genere ho l’istinto di dire “ma come, un’altra?”. Perché diciamolo, la proliferazione cine-televisiva di tizi e tizie in tutina ha superato qualunque livello di guardia.
Poi però mi torna subito in mente una grande verità, che gli spettatori meno interessati a questo mondo spesso perdono di vista. Il supereroismo (e stiamo parlando di supereroismo americano, ovviamente) da ormai molti anni non è più un genere a se stante, con codici e strutture che si ripetono sempre uguali, bensì un metagenere, una cornice all’interno della quale molti generi classici hanno trovato nuova vita e nuova forma. Dire che un fumetto è un fumetto di supereroi, insomma, non basta per identificarne tutte le caratteristiche distintive, perché ci sono fumetti supereroistici d’azione, thriller, pulp, horror, comici, senza contare che uno stesso personaggio o gruppo può esplorare più generi diversi, a seconda delle sensibilità degli autori che di volta in volta si cimentano con le sue avventure.

Doom Patrol (6)

Questa premessa serve in realtà a ribadire qualcosa che già sappiamo benissimo, cioè il fatto che The Flash, Daredevil, Legion e The Umbrella Academy sono tutte, formalmente, serie di supereroi, ma così diverse da farci quasi dimenticare che in ognuna ci sono poteri, mutanti e “magie” varie.
Nel recente passato, Titans è stata un’ulteriore variante, una serie molto efficace che prende il mondo di Batman, ne racconta una sua componente “laterale”, e lo fa con toni adulti, sia in termini linguistici che visivi, provando a spingere su pedali che solitamente le serie supereroistiche non contemplano più di tanto. E lo fa su una piattaforma, DC Universe, che nel lanciarsi in questo momento sul mercato sfoggia con orgoglio un tono e un’atmosfera diversi rispetto a quelli più leggeri del Marvel Universe (cioè, leggeri fin quando Thanos non schiocca le dita, poi lacrime!)

Doom Patrol (1)

All’interno di Titans, poi, era arrivato il backdoor pilot di Doom Patrol, che ora ha debuttato ufficialmente in una serie tutta sua e che, udite udite, è ancora diversa.
Basata sui fumetti di Bob Haney e Arnold Drake del 1963 (siamo quindi negli stessi anni in cui Stan Lee fonda l’impero Marvel), Doom Patrol è sostanzialmente una comedy. Anzi, una black comedy, con tette e parolacce, un sarcasmo bello cinico e una vena malinconica di fondo, che non impedisce ai personaggi di fare i cazzoni, ma li tiene ancorati alle loro sfighe e alla loro capacità, come gruppo, di tirare a campare ogni volta un altro giorno.

La Doom Patrol non è altro che un super-gruppo di metaumani emarginati dalla società, non tanto, o non solo, per la pericolosità dei loro problemi, ma anche e soprattutto perché sono brutti. Un robot con cervello umano (Cliff, interpretato da Brendan Fraser), ex riccone e pilota finito in un incidente in cui ha perso moglie e figlia. Un ex pilota di aerei (Larry, impersonato da Matt Bomer), finito bruciato e posseduto da un’entità di energia negativa. Una ex stella del cinema (Rita, April Bowlby) diventata un blob che tende sempre a sfaldarsi. Una ragazza con 64 personalità diverse, ognuno con un suo potere specifico (Jane, Diane Guerrero). E infine un ragazzo metà uomo e metà cyborg (interpretato da Joivan Wade), che aiuterà saltuariamente.
Più che un gruppo di supereroi è un freak show, un circo di mostruosità in cui la volontà del fondatore (il vecchio e geniale “Chief” Caulder, con la faccia di Timothy Dalton) di aiutare le persone in difficoltà si fonde con la loro trasformazione in qualcosa che la società non può accettare.

Doom Patrol (7)

E il nemico? Beh, l’ombra nera calata sulla serie è quella di Mr. Nobody, interpretato da quella adorabile faccia da schiaffi di Alan Tudyk, che in pratica è un tizio che esperimenti nazisti non meglio specificati hanno trasformato in una spaventosa ombra di se stesso, capace di contaminare la mente altrui.
Il suo è un ruolo chiave per capire il tono della serie: Nobody non è solo il buffo cattivo, interpretato da un buffo attore, ma è anche un buffo narratore: le vicende della serie le racconta lui, dando ovviamente il suo punto di vista, che spesso è anche esplicitamente metatelevisivo, con tanto di lancio della sigla e commenti su come la serie prosegue o come i personaggi si sviluppano.
Sembra insomma che, con Doom Patrol, la piattaforma DC Universe abbia voluto aggiungere un nuovo tassello alla “adultità” (adultezza? adultitudine?) della sua offerta. Dove Titans è una serie d’azione e suspense, di tono più alto e duro rispetto alla media, Doom Patrol ne è la versione giocosa e sarcastica, ma ancora una volta, e coerentemente, tenuta su livello di consapevolezza e complessità più alto rispetto a una semplice parodia. I drammi dei protagonisti sono drammi veri, le ferite reali, e non si prestano a una leggerezza troppo spensierata. Allo stesso tempo, c’è sempre spazio per una parolaccia, piazzata non tanto come la parola-tabù per far sogghignare i bambini, quanto come sfogo legittimo di chi nella vita ha avuto quasi solo sfighe.

Doom Patrol (2)

Per gusto personale preferisco Titans, che mi sembra abbia più fiato per durare sul medio-lungo periodo. Ma Doom Patrol non risparmia sulle idee (ricordando talvolta proprio Legion, nella rappresentazione allucinata della mente dei protagonisti), e trova quasi subito uno stile suo personale, più spostato sulla comedy ma non per questo privo di una sua densità narrativa e psicologica. Potrebbe incartarsi presto, o invece spiccare il volo verso vette inaspettate. Una cosa però è certa: la DC è entrata da poco nel mondo della serialità autoprodotta, ma ha i numeri per restarci.

 

Perché seguire Doom Patrol: sono gli ennesimi supereroi, ma con uno stile e un’atmosfera gustosamente particolari.
Perché mollare Doom Patrol: ha uno stile e un’atmosfera gustosamente particolari, ma sono gli ennesimi supereroi.

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