23 Gennaio 2020 19 commenti

Deadwater Fell – Di David Tennant ci si fida sempre di Marco Villa

Deadwater Fell è un drammone che parte con un episodio che è uno schiaffo dritto in faccia

Brit, Copertina, Pilot

Di solito va così, si guarda l’elencone delle serie che vanno in onda, si scartano quelle che proprio no, si valutano quelle che chissà, si mettono in lista quelle di cui bisogna scrivere per forza. È una prima scrematura basata su elementi superficiali, che può portare anche a errori o dimenticanze, per questo si cercano da subito elementi in grado di farti incasellare la serie in modo un po’ meno casuale. Uno di questi elementi ovviamente è il cast: tra gli attori che subito ti fanno spostare un titolo nella lista delle serie cui dare uno sguardo, ce n’è uno a cui vogliamo particolarmente bene, perché tendenzialmente sceglie sempre progetti interessanti. Stiamo parlando di David Tennant, eroe tra gli altri di Broadchurch e Doctor Who, che poi è anche il motivo principale per cui avete cliccato su questo post e state leggendo questa recensione.

Deadwater Fell è una miniserie in quattro parti, in onda dal 10 gennaio su Channel 4 creata e scritta da Daisy Coulam e diretta da Lynsey Miller. Formalmente è un crime, in realtà è soprattutto un drammone di quelli pesanti: il primo episodio, per dire, è tra le cose più strazianti viste di recente. Tutto ruota intorno a due famiglie all’apparenza perfette, di quelle che passano ogni momento libero insieme. Una è composta da Tom e Kate (David Tennant e Anna Madeley) e dalle loro tre figlie, l’altra da Jess e Steve (Cush Jumbo e Matthew McNulty) e dai due figli del precedente matrimonio di lui. 

Tutta la prima puntata è una lenta discesa verso la tragedia, che si consuma al termine di una giornata passata alla sagra del paesino della provincia scozzese in cui vivono tutti. E la tragedia in questione è che la casa di Tom e Kate va a fuoco, l’unico che si salva è il personaggio di Tennant e si scopre che tutti i membri della famiglia erano stati drogati prima dell’incendio. Sbem, triplo infanticidio e via sereni. I sospetti sulla strage vengono indirizzati in modo immediato su mamma Kate, che soffriva di depressione e ed era andata in crisi dopo la nascita della terza figlia Charlotte, affetta da paralisi cerebrale.

Tutto risolto? Eh no, altrimenti le altre tre puntate avrebbero solo il monoscopio per un’ora. Iniziano a emergere piccoli dettagli che incrinano l’immagine da Mulino Bianco della famiglia e in particolare del personaggio del nostro amico David Tennant. Dicevo all’inizio che Deadwater Fell è più un drammone che un crime, perché, pur essendoci un’indagine formale della polizia, al centro del processo investigativo c’è una “civile”, ovvero Jess. Nel secondo episodio, è il suo sguardo a guidare lo spettatore alla ricerca di stranezze e incongruenze nel comportamento di Tom, mentre questi dubbi sono sostenuti in parallelo dalle scoperte compiute dalla polizia.

La forza di Deadwater Fell è data dall’intensità del dramma in cui cala da subito lo spettatore, facendogli affrontare una tragedia che ha dell’indicibile. Da lì in avanti è tutta questione di gestire tensioni e una sequela di eventi che accadono a cascata, processo non semplice perché differente dal procedere classico – appunto – di un crime. La mancanza di una griglia strutturata a tratti si intravede: quando prima parlavo dello sguardo di Jess è perché l’inquadratura della donna che osserva Tom con faccia sospettosa viene ripetuta davvero tante volte nel secondo episodio, rischiando di trasformare il personaggio in una sorta di macchietta. Nella sua prima metà, però, Deadwater Fell riesce a evitare questa deriva, proponendosi come una serie di forte impatto, in grado di catturare l’interesse. La sua diversità dal genere, però, va testata lungo tutto l’arco: sarà il finale a poter permettere un giudizio completo.

Perché guardare Deadwater Fell: perché dopo la partenza iper-drammatica è difficile distogliere lo sguardo

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