23 Marzo 2022

Super Pumped e WeCrashed: monta l’onda delle serie… imprenditoriali di Diego Castelli

Super Pumped e WeCrashed presentano due storie simili che ci permettono di raccontare una precisa moda seriale di questi mesi

Pilot

Non credo di aver mai fatto questa cosa su Serial Minds. Normalmente recensiamo le serie una alla volta, e qualche caso scivoliamo nel format “tripilot”, ma a memoria non mi pare di aver mai fatto una recensione doppia, su due serie che mi serve proprio mettere insieme per parlare di un fenomeno più complessivo. Ecco, facciamo un’eccezione con Super Pumped di Showtime (non ancora disponibile in Italia) e WeCrashed di Apple Tv+.

La premessa doverosa è quella che riguarda l’esplosione della serialità dedicata a veri fatti di cronaca, di costume, di attualità politica ed economica, magari basati su fonti che fino a pochi anni fa erano poco battute dai creativi della serialità, come ad esempio podcast e articoli di giornale.

Potremmo partire da Unbelievable di Netflix nel 2019, basata su un articolo di quattro anni prima vincitore del premio Pulitzer, che raccontava di una serie di stupri. E potremmo poi passare a Chernobyl, o a Dopesick, la serie del 2021 con cui Hulu ha raccontato l’epidemia di dipendenza da oppiacei negli anni Novanta negli Stati Uniti. E arriviamo poi a titoli più recenti come Landscapers, Inventing Anna o The Thing About Pam, che hanno descritto la (vera) vita di personaggi borderline, strambi o apertamente criminali. Tutte storie, che di nuovo, hanno trovato la loro prima origine in articoli e podcast.

In questo grande insieme di storie vere che sempre più stanno colonizzando il mondo della fiction (non che le storie vere non siano mai state materiale da trasposizione su schermo, ovviamente, ma stiamo assistendo a uno sfruttamento quantitativamente inedito di questo escamotage, per lo meno parlando di show di alto profilo), c’è un sottoinsieme che potremmo definire “imprenditoriale”. La storia cioè di imprese commerciali che hanno cambiato il mondo di cui facevano parte, o che magari speravano di cambiarlo per poi fallire miseramente.

Due esempi recenti di cui abbiamo già parlato sono The Dropout di Hulu, dedicato alla truffa messa in piedi da Elizabeth Holmes e portata avanti per più di un decennio, e Winning Time: The Rise of the Lakers Dynasty di HBO, che racconta l’epopea dei Lakers di Magic Johnson anche e soprattutto dal punto di vista imprenditoriale prima ancora che sportivo, dettagliando i modi con cui Jerry Buss comprò e portò al successo la celebre squadra di basket.

Ecco, all’interno di questo contesto in cui reti e piattaforme diverse sembrano tutte fare a gara per romanzare storie realmente esistite, oggi parliamo di due serie che sono così simili nella loro impostazione e nel genere che finiscono con l’incarnare, che parlarne insieme mi sembrava il modo migliore per sottolineare questa specie di pattern che stiamo vedendo espandersi sotto i nostri occhi nel corso di queste settimane.

La prima in ordine cronologico è Super Pumped, serie antologica di Showtime creata da Brian Koppelman e David Levien, che promette di raccontare una storia diversa per stagione, ognuna dedicata a un’impresa commerciale del recente passato, nata dal nulla e destinata a cambiare le sorti del mondo. La prima stagione, chiamata The Battle For Uber e interpretata da fra gli altri da Joseph Gordon Levitt e Kyle Chandler, parla per l’appunto della nascita e ascesa di Uber, la ben nota azienda di trasporti che ha rapidamente e inesorabilmente messo in crisi il tradizionale sistema dei taxi.

La seconda serie è WeCrashed, di Apple TV+, creata da Drew Crevello e Lee Eisenberg e con protagonisti due premi oscar come Jared Leto e Anne Hathaway. In questo caso il tema è WeWork, un’azienda fondata da Adam Neumann e dedicata all’acquisto e affitto di spazi per uffici condivisi, che seguiva una filosofia incentrata sull’allontanamento dal paradigma dei cubicoli grigi e anonimi, per sposare un approccio più comunitario e votato all’interscambio fra lavoratori.

Il fatto che io parli di entrambe le serie in uno stesso articolo non significa che siano identiche, naturalmente. Per esempio, basterebbe citare il fatto che la prima stagione di Super Pumped gira molto intorno al rapporto fra Travis Kalanick (Gordon-Levitt), creatore di Uber, e Bill Gurley (Chandler) suo primo finanziatore, mentre WeCrashed segue attentamente l’amore esagerato e disfunzionale fra Adam (Jared Leto) e la moglie Rebekah, l’attrice mancata interpretata da Anne Hathaway. Le differenze anche di genere fra queste due relazioni sono sufficienti per dare alle due serie sfumature molto diverse.

Però il nucleo rimane lo stesso, e le somiglianze non si contano. In entrambi i casi il punto di partenza è un imprenditore visionario, mosso da un’ambizione sfrenata, che è pronto a lottare con le unghie e con i denti, e ogni altro mezzo possibile, per far nascere e crescere la sua creatura imprenditoriale, traendo forza inesauribile da un’autostima altrettanto infinita e dalla precisa volontà di spaccare il mondo.

Insomma, come in The Dropout siamo nell’ambito dei self-made men (diciamo self-made people, va), di quelle storie prettamente americane in cui la modifica dello status quo passa attraverso la determinazione, il genio, la spocchia e la voglia di infrangere le regole di singole persone ossessionate dal successo.

Se nel passato questo genere di storie potevano essere tutto sommato positive e aspirazionali, in questi anni l’approccio si è fatto più critico e riflessivo, desideroso di cogliere tutti gli aspetti delle vicende trattate e di evidenziare anche i lati oscuri di aziende che hanno magari cambiato il mondo, ma scendendo a compromessi piuttosto pesanti.

Di fatto siamo nel solco già scavato al cinema da The Social Network e Steve Jobs, scritti da Aaron Sorkin, o da The Wolf of Wall Street di Scorsese, cioè di quella Hollywood che crea uno dei suoi meravigliosi cortocircuiti: grosse case di produzione e distribuzione, che in altri contesti ricevono critiche anche feroci per il modo in cui gestiscono i loro affari, il loro personale ecc, diventano promotrici di storie raffinate e ben scritte in cui si decostruisce il mito della genialità al servizio del business, non per negarla, ma per coglierne le contraddizioni e i lati oscuri.

In termini di approccio e di “tipo” di storia, WeCrashed e Super Pumped sono così simili, che non saprei quale preferire (anche se poi una decisione per la classifica la dovrò prendere). Super Pumped è un po’ più thriller, perché punta maggiormente sulla continua urgenza con cui il protagonista agisce e reagisce agli ostacoli che trova sul proprio cammino, per raggiungere un obiettivo per il quale è disposto a non fare prigionieri. WeCrashed, invece, gioca sull’istrionismo di Jared Leto e Anne Hathaway puntando più sul carattere bizzarro e carnevalesco dei loro personaggi, mostrandoci più chiaramente la tensione fra la pura creatività (con tratti quasi messianici) che sta dietro la nascita di una startup, di un prodotto, di un brand, e i compromessi economici e burocratici a qui quella creatività deve sottostare per sopravvivere.

La differenza la fa anche anche l’esito delle storie raccontate: se in The Dropout il carattere truffaldino dell’opera di Elizabeth Holmes crea la base per una specie di tragedia in cui siamo portati a odiare la protagonista, Super Pumped racconta di un effettivo successo mondiale, e quindi è in qualche modo più indulgente su un protagonista a tratti odioso pure lui, ma comunque molto capace. In WeCrashed la sfumatura è ancora diversa, perché il fallimento dei Neumann dopo una rapida salita offre la sponda per una storia in cui il carattere bizzoso dei protagonisti è insieme la fonte del loro successo e della loro caduta.

Quello che però si può dire in tutti questi casi, è che la perizia della scrittura, che si giova di una storia “già scritta”, permette di avvicinarsi alla conoscenza di fatti realmente avvenuti con la relativa certezza di essere intrattenuti da un racconto incalzante, ritmato, privo di tempi morti, che in pochi episodi ci consegna una storia cotta e mangiata che ci fa comunque bene conoscere.
In nessuno dei due casi, però, mi sembra che si raggiunga la forza espressiva ed emotiva di una Dopesick, e soprattutto sorge una domanda: se andiamo avanti così, quanto ci vorrà prima che questo format produca prodotti così uguali, da diventare colpevolmente indistinguibili?

Perché seguire Super Pumped e WeCrashed: sono storie vere che vale la pena conoscere, scritte con attenzione e interpretate con talento.
Perché mollare Super Pumped e WeCrashed: cominciamo già a sentire un po’ di stanchezza per un formato-verità che sta diventando abbastanza ripetitivo.

PS Per chiudere il cerchio, domani il Villa recensirà Minx, di HBO Max, che non è una storia vera però è di nuovo una storia imprenditoriale. A quanto pare non se ne esce.



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