18 Settembre 2025

Gen V 2 – Un seguito prima di tutto solido di Diego Castelli

On Air

QUALCHE SPOILERINO SUI PRIMI TRE EPISODI DELLA SECONDA STAGIONE

Quando Prime Video mi ha inviato tutti gli episodi della seconda stagione di Gen V, che ha debuttato con tre episodi ieri, 17 settembre, ho ricordato quante volte ho condannato la pratica del binge watching, preferendo da sempre un’uscita più diluita delle puntate.
Ed è proprio in nome di questo principio etico incrollabile, che mi sono visto tutti gli episodi in due giorni.
Perché mi guardate con quella faccia, mica l’ho fatto per mio gusto, ti pare?
L’ho fatto per voi. Per poter scrivere una recensione più accurata.
Cioè, uno si sacrifica e deve anche sentirsi giudicato?

Ehm, bene, comunque sia, ora vi dico cosa mi è sembrato di questa stagione, naturalmente senza alcuno spoiler rilevante, altrimenti Amazon non mi manda più niente.
E se volete un classico riassunto/teaser, possiamo dirci che la seconda stagione di Gen V regge il peso della precedente, anche se forse non riesce ad andare più in là, e forse neanche ci prova.

Su cosa sia Gen V non credo abbia senso dilungarsi, non sareste qui senza aver visto la prima stagione e ci sono già due recensioni, una qui e una qui.
Il primo ciclo di episodi aveva diversi pregi, alcuni dei quali sono stati confermati dalla seconda stagione.

C’è prima di tutto l’idea, non molto circostanziata detta così, ma per capirci, che fosse un prodotto vero, solido, “pensato”, non solo un modo per spremere qualche abbonato in più, ma per raccontare una storia che avesse senso dal punto di vista narrativo e tematico: il racconto di un’adolescenza “super” ma completamente spogliata della speranza in un mondo migliore, fagocitata dal cinico meccanismo della fama e dei follower, sembrava proprio la versione teen della distopia di The Boys, dove la maggior parte dei supereroi ha molto di super e poco di eroico.
Nulla di questo si è perso nella seconda stagione.

Poi c’era la capacità, assai rara per non dire unica, di essere uno spin-off che in realtà era parte integrante della storia dell’originale, con cui si incastrava in maniera molto precisa in termini di collocazione temporale e riverbero degli eventi di una serie in quelli dell’altra. La prima stagione stagione di Gen V, per certi versi, pareva la stagione 3.5 di The Boys.
E anche in questo caso è ancora così, anzi, forse questo elemento è stato addirittura potenziato.

Infine, c’era il tentativo di essere schietti, tamarri, violenti, sarcastici come l’originale, magari con giusto una virgola di ironia in meno.
E beh, non si può dire che la seconda stagione di Gen V sia una serie adatta ai bambini, quindi anche in questo caso tutto torna.

Peraltro, questo nuovo capitolo era iniziato sotto una stella fosca, un imprevisto che mai nessuno della produzione avrebbe voluto vivere. Quando si era già cominciato a lavorare alla seconda stagione, la morte improvvisa di Chance Perdomo, interprete dell’importantissimo personaggio di Andre, perito in un incidente stradale, aveva scombinato le carte, imponendo scelte difficili, a cominciare dalla possibilità di un recasting.

In realtà, come forma di rispetto verso il ragazzo, gli autori hanno deciso di far morire anche il personaggio di Andre, sfruttando il fatto che alla fine della prima stagione i protagonisti finivano rinchiusi in una prigione da cui escono solo all’inizio della seconda.
L’idea, coraggiosa ma non scontata, si è rivelata vincente: il sacrificio di Andre, imposto dalla realtà extraseriale, si è trasformato nella possibilità di rendere ancora più oscuri gli affari e i segreti della Godolkin, e ancora più pressante per gli altri personaggi la necessità di risolvere certi enigmi e risalire ai cattivi della faccenda, a partire dal padre di Andre, che guadagna più spazio di quello che forse avrebbe avuto altrimenti.

Poi certo, l’assenza dell’attore ha imposto, da un punto di vista produttivo, la necessità che la sua morte venisse solo raccontata e non vista, cosa che potrebbe suonare strana a una persona che si avvicinasse alla serie senza sapere nulla dell’incidente. Ma è un minimo prezzo da pagare per una sceneggiatura che dall’imprevisto ricava una forza e una precisione inaspettata.

Una forza che trova ulteriore boost nel personaggio di Cypher, interpretato dal sempre carismatico Hamish Linklater (Legion, Midnight Mass), che veste i panni di un nuovo preside che introduce nuovi misteri riguardando la scuola, misteri che scavano nel suo passato e che possono avere conseguenze assai importanti per il futuro non solo della scuola stessa, ma di tutto il mondo fondato da The Boys.

Al centro di tutto, nonostante il cast rimanga esplicitamente corale, c’è sempre Marie, la ragazza coi poteri di sangue che nella prima stagione compiva un percorso anche e soprattutto fisico, alla scoperta di un’abilità che diventava sempre più rilevante con l’andare delle puntate, e che nella seconda prosegue sullo stesso percorso apprendendo di essere il centro di un vecchio esperimento condotto proprio alla Godolkin.

Intorno a lei, i personaggi che conoscevamo, dalla buffa Emma all’enigmatica Cate, continuano in un viaggio personale che prevede nuove consapevolezze e anche potenziali ribaltamenti, in un gioco che, almeno qui, si concede anche un po’ di ironia e di puro teen drama, pur nei limiti imposti da una serie come questa.

Fin qui, insomma, tutto bene. Gen V è ancora una serie divertente e ben costruita, che appassiona e non annoia, che “fa ridere ma anche riflettere” (cit. che ormai non so più neanche di cosa sia cit., ma è cit.).

È sul fronte della scrittura micro, e forse delle intenzioni macro, che questa seconda stagione mostra qualche difetto.
La sceneggiatura è effettivamente precisa e ben progettata, con la capacità di piazzare alcune sorprese intelligenti (perché vere sorprese, ma non per questo campate per aria) e di utilizzare in modo consapevole diversi “ganci”, informazioni che possono apparire elementi di contorno ma che trovano senso e compiutezza verso la fine.

Allo stesso tempo, vediamo comunque qualche forzatura, qualche scena che è così “perché sì”, anche se in quel momento abbiamo l’impressione che i personaggi, se la storia non dovesse andare in un certo modo, si comporterebbero diversamente.

Ma più in generale sembra mancare la volontà o il coraggio per un vero rilancio. Per quanto interessante sia il personaggio di Cypher, e per quanto il processo di crescita dei protagonisti prosegua in maniera spedita, non mancano le occasioni in cui ci sembra di guardare ancora la prima stagione, vuoi perché certi personaggi hanno bisogno di ridire cose già dette su di sé o sulle relazioni con gli altri, vuoi perché, a conti fatti, la seconda stagione di Gen V è di nuovo una lotta dei per smascherare segreti della scuola e punire chi si è macchiato di qualche colpa.

Niente di tragico, direte voi. Anche Harry Potter risolve problemi nella stessa scuola per sette libri uno più lungo dell’altro, e questo non gli ha impedito di diventare un successo planetario, quindi non è che a Gen V si chiedesse di diventare una sitcom ambientata in un centro di ricerca in Alaska.
È più che altro una questione di sfumature, e di difficoltà a reggere il confronto con un originale sorprendente: lo stupore provato nel vedere quanto la prima stagione di Gen V fosse buona, si traduce nella maggior difficoltà ad applaudire allo stesso modo una seconda che, a conti fatti, resta ancorata al solco già tracciato.

In ogni caso, non voglio metterla giù troppo dura su questo punto.
Molto semplicemente, ho l’impressione che, da qui a dieci anni, ricorderemo con più facilità l’impatto che su di noi ebbe la prima stagione, piuttosto che la seconda.
Questo tuttavia non significa che qui non ci sia parecchia carne al fuoco, e tutta di buona qualità, nello sviluppo dei personaggi e dei loro rapporti, nella costruzione di nuovi misteri, nella capacità, come detto, di rendere sempre ben chiari i collegamenti con la serie madre, in un mosaico che ci sembra tanto più vivo quanto più è lontano dall’essere un’isola remota di un mondo in cui le cose importanti succedono altrove.
Senza contare, naturalmente, quei singoli momenti e singole scene che fanno accapponare la pelle dal disgusto in quel modo delizioso che è marchio di fabbrica di questo franchise.

Di Gen V riparleremo, se non qui, certamente nel nostro podcast Salta Intro di settimana in settimana, e anche su Tiktok (lo sapete che c’è un profilo tiktok di Serial Minds, vero?).
Voi intanto godetevi la visione di un episodio a settimana, e se all’inizio avevo fatto tutta quella gag stupidissima, ora sono molto serio!



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