14 Marzo 2013 8 commenti

Community non è più Community di Marco Villa

E’ iniziata una nuova serie. Si chiama Greendale e non è male.

Copertina, Olimpo, On Air

Non è certo una gran rivelazione dirvi che questo sito è nato soprattutto per parlare di serie come Community. Serie intelligenti, strane, che mettono alla prova lo spettatore invece di assecondare la sua mollezza da divano. A Community abbiamo dedicato una quantità di post superiore a tutte le altre serie, forse giusto Fringe se la gioca, ma a naso Walter Bishop e amici arrivano comunque secondi. Abbiamo seguito con una certa apprensione l’allontanamento del suo creatore Dan Harmon e i rinvii infiniti. Stessa apprensione nel guardare la prima puntata e nel giudicarla in maniera più che positiva. Sì, la prima puntata della quarta stagione di Community ha funzionato e ha mantenuto in vita ciò che Community è stato fino a quel momento. Peccato che dalla puntata successiva ci sia stato un crollo verticale.

Intendiamoci: Community non è diventata una brutta serie. È semplicemente diventata un’altra serie. Tutto quello che la rendeva un prodotto unico ed eccezionale (Lost delle comedy, l’ho definita lo scorso anno) è stato normalizzato. Gli elementi che hanno reso potentissime le prime tre stagioni ci sono ancora: i personaggi, i riferimenti meta-televisivi, le puntate tematiche, ma tutto suona come artefatto.

Provo a spiegarmi. Partiamo dei riferimenti meta-televisivi: nelle stagioni di Dan Harmon, i riferimenti arrivavano spesso in modo allusivo. La serie dialogava con lo spettatore a vari livelli, offrendo la possibilità di divertirsi dieci volte in più, in caso si sapessero cogliere tutti i link. Pensate alla puntata in cui i personaggi si vestono da Pulp Fiction e tutto viene mescolato con il film My dinner with Andre. Il primo riferimento è facile da cogliere, il secondo molto meno (io non conoscevo il film, per dire). In quel caso, però, nessun personaggio si metteva a esplicitare i titoli dei due film o a ricamarci sopra.

Nelle ultime due puntate andate in onda (la quarta e la quinta), questo invece avviene di continuo. Pensate alle prove di evasione di Abed da casa di Shirley: si tratta di situazioni viste molte volte (la prima che mi viene in mente: la puntata stile Goodfellas), eppure in questo caso gli autori si sentono costretti a mettere in bocca ad Abed le parole Le ali della libertà e Prison Break a creare un ponte esplicito con il film. E questo non è da Community, non è da serie oltre. È da serie normale con qualche spunto (perché Abed che si disegna la mappa sulla pancia è uno spunto divertente, niente da dire, così come Luke Perry e Jennie Garth in Inspector Spacetime). Ancora, sempre a proposito di resa esplicita: lo sfogo di Jeff con suo padre non è un dialogo credibile, sembra la lettura integrale della bibbia del personaggio per quanto snocciola dettagli e informazioni.

Altro cambiamento secco: i dialoghi. Rispetto alle altre stagioni, il ritmo si è rallentato e questo ha cambiato tantissimo l’atmosfera generale. Se prima non c’era un istante in cui non venisse pronunciata una parola, adesso le pause sono nette, più che percepibili e rendono quasi stranianti i rapporti tra i personaggi, che abbiamo sempre visto intenti a sovrapporsi e parlarsi addosso. Per non parlare, poi, di battute e situazioni troppo standard per essere piacevoli: nella seconda puntata, quella in casa di Pierce, c’è una scena in cui Troy dà le spalle a un muro e da quel muro iniziano a uscire delle mani. Britta e Shirley provano a fargli capire cosa succede, ma lui non le capisce e pensa che stiano facendo tutt’altro discorso. Roba da commediola del cazzo, ma di quelle senza uno straccio di idea.

Eppure, ho detto, Community non è diventato una brutta serie. I personaggi li si continua ad amare (Chang che si presenta come Kevin è fantastico), Abed ha sempre più spazio e Alison Brie è sempre più bella. Però del nostro Community è rimasto poco. Facciamo che questa è la prima stagione di Greendale, una nuova serie. Che non è niente male, anzi, ma non è Community. Il tutto nella (enorme) speranza di essere smentito già a partire dall’episodio di stasera.

 

 



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