12 Novembre 2014 4 commenti

The Newsroom – L’Inception dell’etica giornalistica di Marco Villa

Manca poco alla fine di The Newsroom e forse è un bene che sia così

Copertina, On Air

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“Ho scritto quattro serie tv, ma solo una è stata The West Wing“. È con queste parole che Aaron Sorkin ha annunciato di voler smettere di occuparsi di televisione. I sei episodi della terza stagione di The Newsroom potrebbero quindi essere gli ultimi lavori televisivi di uno dei più grandi sceneggiatori degli ultimi vent’anni (e forse qualcosa di più). Lo so, sembra un grido disperato, ma non lo è, perché in fondo è giusto che The Newsroom finisca.

Avevamo lasciato la redazione di Will McAvoy sconvolta dallo scandalo Genoa, l’incredibile bufala raccontata ai propri lettori su spinta e per colpa di un producer disonesto. Una redazione distrutta nel morale, risollevata solo dall’idea del matrimonio tra Will e Mac, la trovata sentimentalona che aveva chiuso con un cuoricione grande così la seconda stagione. E questi sono i punti da cui si riparte, con la royal couple che discute del numero di damigelle e si punzecchia su diete e cibo poco sano. Intorno, la redazione è un po’ allo sbando, mentre gli ascolti sono in picchiata.

Nella premiere gli stati d’animo di tutti sono ancora molto legati a Genoa e alle sue ricadute. Il caso di giornata è l’attentato alla maratona di Boston, ma la quasi totalità dell’attenzione è su come tutti si muovano con estrema cautela, per paura di dare notizie che dovranno poi essere rettificate. Questa paura a tratti paralizzante verrà affrontata con l’inchiesta che sta mettendo in piedi il buon Neal e che costituirà l’ossatura orizzontale della stagione, insieme alla possibile compravendita dell’azienda scoperta da Sloan (che è sempre più bella, peraltro).

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La prima considerazione che viene in mente è che tutto è scoperto, tutto è manifesto. Già dopo la prima puntata sappiamo che tutta la stagione sarà incentrata sul recupero di credibilità da parte di ACN, che arriverà attraverso il grande scoop di Neal e attraverso un lavoro rigorosissimo sulle fonti. Il problema è che nella premiere il recupero di credibilità passa per una sequenza infinita di “occhio, stiamo attenti, non rischiamo nulla, meglio non fare niente che fare un’altra cazzata”, che è l’esatto opposto della definizione di avvincente. Il momento più emblematico, in questo senso, è la corrispondenza di Maggie da Boston: in un minuto di collegamento passa 50 secondi a mettere le mani avanti.
Se poi aggiungete che l’inchiesta di Neal sarà incentrata su loschi figuri che hanno manipolato l’informazione per creare disordini in un lontano paese, capirete che la faccenda si complica: gente che farà del giornalismo rigoroso il faro della propria esistenza, impegnata a smascherare l’operato di altra gente che invece ha deviato dal proprio dovere… Aiuto, qualcuno chiami Nolan, siamo di fronte all’Inception dell’etica giornalistica, oppure a un corso di formazione dell’Ordine dei Giornalisti.

Non è certo una novità per The Newsroom, visto che il rapporto etica/comunicazione è il cardine di tutta la serie e anche l’argomento che ha spinto Sorkin a crearla. Il problema è che si tratta esattamente dello stesso tema della seconda stagione: là si assisteva a un errore madornale, qui si seguirà una condotta perfettissima che farà uscire tutti di scena su un cavallo bianco, in pieno stile Olivia Pope.

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Questa ripetizione non fa altro che portare a galla il problema principale di The Newsroom, latente da sempre, ma che finora Sorkin era riuscito a mascherare con mestiere: questa è la storia di gente che racconta storie e dopo venti puntate questo filtro inizia a pesare, perché si fa sentire la ripetitività. Da questo punto di vista, c’è da essere contenti che sia l’ultima stagione, perché con questa premiere The Newsroom dimostra di avere iniziato a girare su se stessa, a vuoto.

The Newsroom ha avuto l’enorme merito di far conoscere il Sorkin televisivo a tutto un nuovo pubblico (parlo dell’Italia) che si era perso i suoi lavori precedenti (oltre a The West Wing ci sono Sports Night e Studio 60) e si è trovato davanti a una scrittura in grado di stordire ed entusiasmare. Sei mesi fa, lo stesso Sorkin chiese scusa al pubblico per il fatto di non essere riuscito a trovare le misure giuste per scrivere The Newsroom, questa premiere sembra essere fatta apposta per sottolineare tutto quello che non funziona. Restano cinque puntate: dai Aaron, risorgi e facci sognare (almeno un po’).



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