20 Febbraio 2018 8 commenti

Everything Sucks! – Quando la nostalgia è una zavorra di Marco Villa

Everything Sucks! è una bella storia di adolescenti degli anni ’90, con un grosso problema di scrittura

Copertina, Pilot

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È sempre molto difficile essere severi con prodotti che parlano di ragazzini. Se fatti bene, serie o film dedicati all’adolescenza sono facili da amare e difficili da odiare, al di là del taglio che possiedono. In fondo sono sempre storie semplici, di scoperta ed esplorazione. Elementi basilari, che però a volte possono essere annacquati e depotenziati da scelte non felicissime, come accade in Everything Sucks!.

Everything Sucks! è una nuova serie tv di Netflix, disponibile dal 16 febbraio e creata da Ben York Jones e Michael Mohan, che ha anche firmato la regia di diversi episodi. Siamo a Boring, cittadina dell’Oregon il cui nome dice tutto e siamo nel 1996: protagonisti sono un gruppo di ragazzi alle prese con quella sensazione che tutti conosciamo e che si chiama crescere. In particolare, Everything Sucks! si concentra su tre nerdoni che fanno parte dell’A/V Club, il gruppo audiovisivo che sappiamo essere da sempre ricettacolo di tutti gli sfigatoni delle scuole statunitensi. I tre sarebbero destinati ad anni tra l’anonimato e il bullismo nel loro liceo, se non fosse che Luke, uno di loro, si sveglia e decide di farsi avanti con una ragazza di cui si innamora istantaneamente: lei è Kate, è la figlia del preside e – purtroppo per Luke – ha appena iniziato a capire di essere attratta dalle ragazze.

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Questo il nucleo principale della storia, che ruota quindi intorno a un trio compatto di ragazzini, i cui equilibri vengono sconvolti dall’ingresso di una figura altra che non sanno come gestire. Togliamoci subito d’impaccio e andiamo dritti al punto: la dinamica è la stessa di Stranger Things, per quanto il genere sia lontanissimo, visto che non c’è nulla di sovrannaturale o di mystery. Da questo punto di vista, il riferimento più immediato è Freaks & Geeks, ma la serie dei fratelli Duffer è il vero convitato di pietra.

Everything Sucks! è una buona serie di formazione, in cui troviamo tutti i più classici elementi dei racconti adolescenziali: la scuola, la scoperta del mondo fuori dalla cerchia famigliare, i primi innamoramenti, i compagni di scuola più grandi che sembrano divi del cinema e via così. Oltre ai grandi classici, Everything Sucks! riesce fin da subito a crearsi dei momenti iconici e dei personaggi che colpiscono: mi riferisco alla coppia dei teatranti, due ragazzi degli ultimi anni del liceo che recitano da cani ma sono convinti di essere i nuovi Al Pacino e Meryl Streep, classici esempi di personaggi che sono re e regina a Boring, Oregon, ma che diventeranno il nulla appena fuori dal proprio habitat naturale. Al netto di tante buone intuizioni, Everything Sucks! presenta però un problema non da poco.

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Parlavo prima di convitato di pietra riferendomi a Stranger Things e il motivo è presto detto: se a livello di storia siamo lontani e a livello di caratterizzazione dei personaggi iniziamo ad avvicinarci, il vero punto di contatto è quello del fenomeno nostalgia. Uno dei punti cardine del successo di Stranger Things è tutto l’universo anni ‘80 che ha riportato in vita e celebrato, riuscendo a fonderlo alla perfezione con la trama principale. Stranger Things è una serie furba, ma come tutte le furbate è eccezionale nel mascherare i propri trucchetti. A Everything Sucks! manca questa malizia, questa finezza: tutti i riferimenti agli anni ‘90, tutte le contestualizzazioni sono sparate in faccia. Non è un caso isolato, ma qualcosa che si ripete a ogni episodio e su cui ci si sofferma in modo manifesto: è il caso dell’arrivo del cd per posta, con tanto di grande attenzione dedicata allo spacchettamento, oppure nel terzo episodio al Tamagotchi che suona e richiede attenzioni.

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Tutti elementi che è giusto ci siano, ma che sembrano derivare da una sorta di lista della spesa più che da un bisogno di contestualizzare: è come se gli autori avessero un elenco di cose da inserire nella serie e ogni volta spuntassero con un po’ di sollievo. I riferimenti, insomma, sono poco amalgamati con la storia che si sta raccontando e tutte le citazioni, tutti gli oggetti suonano come una sorta di grande marchetta pubblicitaria, con la sola differenza che non si tratta dell’inserimento pubblicitario di un prodotto, ma di un sentimento: la nostalgia. Che è un sentimento potente e molto evocativo, capace di generare affezione nei confronti di una serie, ma che è difficile da maneggiare. La sensazione è che non sia l’elemento in grado di far compiere il salto di qualità a Everything Sucks!, quanto una piccola zavorra capace di frenare la serie stessa. E lo dice uno che nel ‘96 aveva la stessa età dei protagonisti e che mentre scrive ha addosso una maglietta di Ritorno al Futuro de I Trentenni. Detta in altri termini, siamo ormai talmente immersi in un universo nostalgico, che non basta più vedere delle Reebok Pump per sospirare.

Semplicemente Everything Sucks non è una brutta serie, per niente: la storia di Kate, in particolare, ha tutto per diventare qualcosa di importante, ma nel complesso si avverte che qualcosa non gira a dovere.
Detto questo, vorrei SUBITO una felpa del liceo di Boring, Oregon. SUBITO.

Perché guardare Everything Sucks: perché la storia dei ragazzini è tenerona e divertente

Perché mollare Everything Sucks: perché quello che doveva essere un punto di forza è diventato il principale difetto

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