7 Gennaio 2022

Stay Close – Netflix: il crime polpettone inglese tratto da Harlan Coben di Marco Villa

Stay Close è la nuova serie Netflix tratta da Harlan Coben: ed è un crime piuttosto raffazzonato, che non convince

Brit, Pilot

Se apro la mia cartellina gialla dal titolo “Certezze incrollabili”, posso trovare cose come: la Samp perderà sempre con il Cagliari; un gianduiotto non è mai un errore; un crime inglese è cosa buona e giusta. Tra queste tre grandi verità, avrei accettato di buon grado di perdere sicurezza su due (su una soprattutto, devo dire), ma a vacillare pesantemente è l’unica a cui tenevo davvero, cioè quella sui crime inglesi. E la colpa è di Stay Close, maledetta lei.

Stay Close è una serie Netflix, tratta da un romanzo di Harlan Coben, autore molto prolifico, che evidentemente ben si presta all’adattamento seriale, visto che Netflix gli ha fatto firmare un contrattino per la realizzazione di 14 (quattordici, lo scrivo in lettere come gli assegni) serie tratte da sue opere. Serie che sono state sparse in tutta Eurooa: abbiamo l’inglese The Stranger, la polacca The Woods, la spagnola Suburbia Killer (o The Innocent, se preferite) e la francese Svaniti nel nulla. Insomma, dove non poté Ettore Andenna con Giochi senza frontiere, sta riuscendo Harlan Coben con i suoi thrilleroni un tanto al chilo, unificando l’Europa nel nome dell’intrattenimento.

Quella di Stay Close è una storia molto classica: vite di persone felici, travolte da segreti provenienti dal loro passato. Che se ci pensate bene è un po’ la tramina di The Stranger e Suburbia Killer. Ma vabbè, non sottilizziamo. La vita felice in questione è quella di Megan: famiglia perfetta con prole, matrimonio in arrivo dopo tanti anni di coppia. Tutto bene? Eh no, perché dalle tenebre oscurissime del suo passato arriva qualcuno a ricordarle che in realtà si chiamava Cassie e che una volta faceva la spogliarellista, indossando una parrucca bionda. Che se ci pensate è ESATTAMENTE la tramina di Suburbia Killer – parrucca compreesa, ma non sottilizziamo. Non solo: nel suo passato c’è anche la scomparsa di un uomo, mai ritrovato, un caso che da sempre tormenta l’ispettore Broome (il sempre impeccabile James Nesbitt), anche perché è l’unico caso che non ha mai risolto, come ci viene fatto sapere in tempo zero durante il primo episodio, con un dialogo un filo di servizio. I traumi del passato si intrecciano poi con la scomparsa di un ragazzo nel tempo presente, avvenuta lo stesso giorno di quella dell’altro tizio, ma a distanza di 17 anni. C’è aria di pazzo maniaco serial killer? Chi può dirlo.

Questo il quadro generale di Stay Close: niente di nuovo, ma amen, non sarebbe un problema se tutto fosse fatto a modino. Ecco: non è così, perché Stay Close è una serie piuttosto raffazzonata, con dialoghi telefonati e l’impressione di una sciatteria di fondo, come se tutto fosse stato fatto scivolare senza grande cura. Emblematica in questo senso è l’interpretazione della protagonista Cash Jumbo, un’attrice con uno storico di tutto rispetto, ma che negli ultimi mesi ha piazzato due ruoli tutt’altro che riusciti: il primo in quella serie incompiuta che è Deadwater Fell, il secondo proprio in Stay Close. In questo caso, Megan/Cassie si porta sulle spalle buona parte del racconto, ma – almeno nei primi episodi – Jumbo non riesce a esprimere il carisma che una simile centralità richiederebbe. Anzi: è tutta un’infilata di sguardi che vorrebbero essere intensi, ma finiscono per essere sospesi nel nulla.

E a pensarci bene questa è la definizione migliore per l’intera serie: Stay Close vorrebbe essere più di un semplice crime, diventando dramma a tutti gli effetti e smuovendo sentimenti profondi, ma alla prova dei fatti si trasforma in un polpettone più vicino alla fiction nostrana che ai crime che hanno reso le serie inglesi una certezza. Quasi quanto le sconfitte della Sampdoria contro il Cagliari e la necessità di scartare un altro gianduiotto. Quelle sì, sicurezze inscalfibili.

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